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Parliamo del donare. Forse un brutto avvio per l’articolo? Eppure, donare a Dio è un’espressione di fede così diffusa nelle Scritture che sarebbe una palesa lacuna trascurarne l’importanza nella vita cristiana. Ripercorriamo quindi in breve il tema, prima di lanciare sei consigli.  

  1. Offerte volontarie nella Legge. Nello strutturare la vita d’Israele perché sia proiettata alle lodi di Dio, la Torah ingloba una vasta gamma di offerte. Chi vive saldo nel patto dell’Eterno, con dolce spirito di adorazione, presenterà offerte regolari. Lo farà abitualmente, non per obbligo ma per amore. E’ questo il significato delle offerte libere, a partire dall’olocausto (Lev 1). Secondo i propri mezzi, l’intera offerta veniva bruciata, niente di essa tenuto indietro, per esprimere un’inglobante dedizione al Signore. Nessuno la impone sull’adoratore, Lev 1:2-3, 10, 14. Mentre l’offerta dell’oblazione, portata liberamente, esprimeva una devozione più quotidiana, 2:1. È uguale per il sacrificio di riconoscenza, 3:1. Chiunque può partecipare a tali sacrifici per esprimere amore, consacrazione e comunione con Dio.
  2. Le primizie e la decima. A parte i sacrifici volontari da portare in qualsiasi momento, esistono due offerte obbligatorie. Quando spuntava il primo frumento primaverile, si portava al tabernacolo un fascio di spighe, quale primizia della raccolta che presto sarebbe fruttata, Lev 23:9-14. L’offerta esprime ringraziamento e fede. La si offriva all’Eterno sempre prima di mangiare le primizie, v. 14. È un atto di fede che Dio provvederà: prima a Lui, poi mangio io. L’offerta si chiama appunto le primizie e non gli avanzi! Permane un principio spirituale, a maggior ragione per noi che seguiamo Gesù Cristo, il Compimento e Traguardo della Legge. Non sarebbe giusto esprimere nelle nostre offerte quel ringraziamento, fede e consacrazione a Lui dovuti? L’invito è di pianificare il nostro donare prima di spendere per noi stessi.

L’offerta della primizia è un atto di fede che Dio provvederà: prima a Lui, poi mangio io.

La festa delle primizie era annua, la pratica della decima rimaneva costante. Tale prassi, non sconosciuta nell’antico Medio Oriente, s’inquadra formalmente nella Torah. La decima compare nei titoli di coda del Levitico, Lev 27:30-33. La decima della terra, le raccolte del suolo, i frutti degli alberi, l’animale del gregge, appartengono al Signore. Oltre ad esprimere amore, è il rendere all’Eterno quello che è Suo. Insieme alle primizie, la decima è la parte a designare il tutto, la prova tangibile di dare prima a Dio. Si portava presso il tabernacolo, giacché spettava ai Leviti. Con essa l’Eterno finanziava le guide spirituali, prive del diritto di proprietà, Num 18:20-21. Peraltro, chi dipendeva dalle decime altrui non era esente dall’esercitare fede, vv. 25-29. I Leviti sostenevano i sacerdoti, garantendo che i ministri di Dio fossero sostenuti dal popolo di Dio. Il Signore instaura una sana interdipendenza tra guide e popolo. Inoltre, le decime servivano a curare i bisognosi, Deut 14:28-29. Dio non abbandona gli umili. Non a caso, la Chiesa post-Pentecoste accudiva sorelle vedove, prive di mezzi per autosostenersi. Con ciascuna offerta, il Signore ammaestra Israele in sane abitudini del dare.

L’arrivo di Gesù non vanifica i valori inerenti alla Legge, li evidenzia.

  1. La prassi nella storia. Indubbiamente la prassi precede la Legge. Ciò si vede già ai tempi di Abramo (2000 a.C.), nel giorno in cui incontrò la figura misteriosa di Melchisedec, Gen 14:18-20. Sapendo di aver davanti uno superiore, Abramo onora il Sacerdote-Re, donandogli la sua decima, rappresentanza di tutto quello che possedeva (Eb 7:4). Senza dimenticare il nipote Giacobbe, che presso Betel sogna una scala posta tra terra e cielo. Mentre ascolta le promesse rivoltegli, risponde, Gen 28:20-22. Nel dono promesso  della decima, Giacobbe stava imparando a porre fede nell’Eterno. La prassi struttura la vita di chi crede alle promesse, l’espressione tangibile di vivere prima per il Signore. Non a caso, Salomone ritorna al principio fondante, Prov 3:9-10. Il Signore viene onorato con le primizie di ogni nostra rendita. Senza lasciarci privi del necessario: onorare Dio non è mai a danno proprio.
  2. Il Messia riafferma l’opera. Gesù viene non per invertire bensì per compiere il significato della Legge, ponendole fine, in quanto Egli è il suo fine. Ma i principi fondanti persistono: così come una gara si completa al traguardo, non nella prima fase. L’arrivo di Gesù non vanifica i valori inerenti alla Legge, li evidenzia. Quando leggiamo Matt 6:1-2, l’elemosina non è il dare spiccioli al disagiato; la parola denota le offerte della legge. Sono un’opera di giustizia di cui non vantarsi; Gesù presume si praticherà. La posta in gioco riguarda le sue giuste motivazioni (portare le offerte a Dio, non per fare bella figura). Gesù presuppone la prassi del donare. Anche nella forte critica in Mt 23:23, l’uso delle parole “senza tralasciare le altre” non mette in dubbio la prassi della decima. Certo, la vita di santità non si riduce a doni economici. Ma vivere la giustizia e la misericordia non contraddice il valore del dare. Questo è il principio sottinteso, anche nella lettera ai Corinzi. Se sotto l’antico patto le guide furono sostenute dalle decime, perché pensare sia diverso nella Chiesa di Dio, 1 Cor 9:11-14? Il Nuovo Testamento non vanifica la sana abitudine.
  3. Un’opera caratterizzata dall’umiltà. È un passo grande interiorizzare queste verità. Osservate inoltre  nel bellissimo Salmo 50, in cui l’Eterno commenta l’assurdità di pensare che siamo noi a portare a Lui qualcosa, a fare a Lui un favore, a dare a Lui  una mano! Dio non somiglia agli idoli pagani, cibati dai loro adoratori. Invece è Lui che ciba e sostiene noi, regalandoci tesori inestimabili. Non pensare mai sia tu a donare a Dio, Sal 50:7-15. Portiamo quindi le nostre offerte con ringraziamento. Lo spirito umile sa bene che diamo ciò che Egli diede prima a noi. Tale gratitudine induce Davide a volere costruire la casa di Dio, ma non per vantarsi della propria generosità, 1 Cr 29:10-13. Davide conosceva la gioia del donare. La regolarità del dare mi libera dalla presunzione che io stia in qualche modo “aiutando” Dio. L’abitudine del donare coltiva l’umiltà. Rivela che io sono un semplice amministratore, tra l’altro solo in questa vita, 1 Tim 6.7.

L’abitudine del donare coltiva l’umiltà. Rivela che io sono un semplice amministratore.

Concludiamo con sei applicazioni pratiche.

1) La legge della decima non è vincolante; il potere condannatorio della Torah si spegne nell’ubbidienza di Gesù. Tuttavia, come potremmo scarseggiare sul principio spirituale, vivendo alla fine dei tempi, dopo la morte e risurrezione del Cristo? Va incoraggiato il dare al Signore la decima delle proprie entrate.

2) Notiamo le modalità di dare a Dio. Alcune offerte sono regolari. Altre, come le primizie, sono una volta all’anno. Altre sono spontanee in base ai progetti. Evitiamo di pensare “mi fermo alla decima”. Le offerte non furono mai ideate in senso legalista, figuriamoci oggi. Siamo liberi di dare ben di più! 

3) Manteniamo il significato di dare prima, non gli avanzi. Si portano le primizie della raccolta, non il grano a fine stagione. Si offre la decima del totale, non l’ammontare degli spiccioli rimasti in tasca. Diamo prima al Signore. Organizziamo le nostre offerte all’inizio del mese.  

4) Ciò presume il sapersi organizzare, pianificare, fare conto delle entrate, valutare come distribuire i doni. La gioia del dare sa che in tale scelta di fede, mai facile da vivere, il Signore non ci farà mancare nulla.

5) Non convincersi ‘sono troppo giovane, o povero, per dare’. Non pensare ci siano deroghe per esentarci. È sempre una scelta di fede e paradossalmente è più facile partire quando possediamo meno. E’ più facile impararlo a 15 anni, che non a 35. Aggiunto al tanto bene che farai ad altri, vedrai come l’abitudine ti tutelerà dal rischio di finire attaccato ai soldi.

6) Teniamo conto di quanto bene questa scelta farà alla chiesa. Essa potrà: pianificare e programmare, incoraggiare la formazione di guide, sostenere un pastore, dare fondi per fondare altre chiese, togliersi la sensazione di rimanere sempre nello stato di sopravvivenza. Sono tanti i motivi per donare con grande generosità. Possa il Signore maturare in noi queste buone, sane, generose abitudini!

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