Dopo i precedenti articoli, ascoltiamo qui Ireneo in merito alla realtà fisica della promessa. Inglobando il creato, il Vangelo biblico dà grande peso al corpo; tema trattato ovunque in Contro le Eresie. Ireneo mette in forte contrapposizione il futuro gnostico alla speranza ritrovata in Colui che è morto, risorto e asceso corporalmente. In sintesi, Cristo si fa uomo per la salvezza della carne.
“Il Verbo di Dio, Gesù Cristo nostro Signore; Lui che, a causa del Suo immenso amore, Si è fatto ciò che noi siamo, per far di noi ciò che Egli è.” (5.Prefazione)
Nell’assumere la carne, l’Immagine di Dio attribuisce all’uomo l’essere finalmente riempito dello Spirito Santo. A fronte della mera sopravvivenza dello spirito gnostico, Ireneo percepisce nel corpo umano, risorto e ripieno della Sapienza di Dio, il culmine del disegno divino. La salvezza include il corpo; visto che Gesù risorge nella carne (Luc 24:39)! Egli difatti congiunge lo Spirito alla carne, affinché il corpo abbia un futuro! La risurrezione finale garantisce il “corpo spirituale” (1Cor 15:44), non certo meno fisico ma pienamente fisico, secondo l’opera dello Spirito, dedicata a condurre l’uomo alla meta per cui fu originariamente creato.
Un auspicio vago.
Ricordiamo la natura rigorosamente deterministica dello Gnosticismo. Se la stragrande maggioranza delle persone avrà bisogno di buone opere per essere salvati, gli “spirituali” si salvano per natura, con l’oro incontaminato dal fango. Da un lato, il materiale non può ereditare la salvezza, dall’altro lo spirituale non subisce deperimento. Non vige codice morale,
“Per questa ragione coloro che sono i più perfetti compiono, in un modo veramente intemerato, tutte le azioni vietate, azioni di cui le Scritture affermano che chi le compie non erediterà il Regno di Dio.” (1.6.3).
Tale escatologia esige una netta separazione delle sostanze. Il materiale va necessariamente consumato dal fuoco. L’anima, scegliendo la parte migliore, va nel luogo intermedio. Gli spirituali, svestiti dell’anima, giungeranno alla perfezione, unendosi a Dio.
Un presente fisico.
Nel concepire la redenzione sgombra di ogni aspetto materiale, lo Gnostico degrada il corpo. Eppure Colui che creò la vita fisica dal niente potrà garantire una sua continuità. Nell’adempiere la salvezza, Dio unirà corpo, anima e spirito; affinché l’opera Sua, modellata originariamente sul Figlio, finirà conforme a Lui (1Tess 5.23). La dimora dello Spirito Santo nel cristiano lo rende già “spirituale”, ovvero alla somiglianza di Dio (1Cor 3:16, 6:13-14).
In breve, la Parola non avrebbe assunto carne, se il corpo non fosse destinato alla salvezza,
“Se infatti la carne non doveva salvarsi, certo il Verbo di Dio non si sarebbe fatto carne, e se non si doveva rendere conto del sangue dei giusti….certo il Signore non avrebbe avuto sangue” (14.1).
Valorizzando in pieno il presente fisico, la visione biblica non esclude la redenzione della carne.
Un corpo risorto.
Se la salvezza è in virtù della fede, argomenta Ireneo, perché mai pensare che essa non si estenda al corpo? Tale speranza risale ad antichi Profeti (Isa 26:19, 66:13-14, Eze 37:1-12). Senza dimenticare i morti risuscitati dal Cristo, rianimati nel loro corpo originale: la figlia di Iairo (Mar 5:22), il figlio della vedova (Luc 7:12), Lazzaro (Giov 11). Con questi miracoli, intenti a prefigurare verità eterne, il Signore dà prova maggiore della risurrezione finale,
”Ciò che è mortale sarà assorbito dalla vita, quando la carne non rimarrà più morta, ma sarà viva e incorruttibile, elevando un inno a Dio che ci ha predisposti per questo fine.” (13.3)
Per non dimenticare la risurrezione fisica di Gesù, prova assoluta che la carne verrà non solo recuperata, ma riempita finalmente dello Spirito Santo.
Un legame stretto.
Il disegno concepisce una redenzione non estrapolata dal mondo. Fatto già percepibile alle nozze di Cana: il Dio esperto nel creare da niente, sceglie di trasformare ciò che la terra aveva già prodotto, quando fece vino dall’acqua,
“..quel Dio, che ha fatto la terra e le ha ordinato di portare frutto…questo stesso Dio dona anche al genere umano, negli ultimi tempi, per mezzo del Suo Figlio, la benedizione del nutrimento e la grazia del bere”. (3.11.5)
D’altronde le parole di Gesù nell’ultima cena (Mat 26:27-29) affermano quell’eredità futura in cui si berrà il frutto della vite, “è una caratteristica proprio della carne, non dello spirito, prendere una bevanda tratta dalla vite.” (5.33.1).
Non intravediamo pure nella Santa Cena una comunione tra materiale e spirituale che accompagnerà la risurrezione finale del corpo?
“Perché come il pane che viene dalla terra, dopo aver ricevuto l’invocazione di Dio, non è più pane ordinario…essendo costituito da due cose, la terrena e la celeste: così i nostri corpi, partecipando all’eucarestia, non sono più corruttibili, perché hanno la speranza della risurrezione”. (5.18.5)
Un futuro promesso.
Come Cristo è risorto nella carne, saremo risorti noi (Rom 8:11). La morte segnala lo scioglimento del corpo in polvere (Gen 3:19). Appropriandosi di 1Corinzi 15, Ireneo ricorda la carne è mortale; seminata corruttibile, ma nell’ultimo Adamo risuscita incorruttibile (v42). Se Adamo fu creato secondo uno stato “naturale” (Gen 2:7), egli aspettava la salvezza procurata dall’Uomo spirituale (vv.44-45), ”avendo Dio stabilito in principio l’uomo psichico, in modo che fosse salvato dall’Uomo spirituale” (2.22.3).
La prospettiva vede quindi una maturazione dei figli di Adamo in Cristo. Si differenzia il primo corpo, nutrito dall’alito di vita, dal secondo, in possesso dello Spirito. L’alito è temporale, lo Spirito eterno. L’alito lascia il corpo alla morte, “lo Spirito al contrario, avvolgendo l’uomo davanti e di dietro, dimorando sempre con lui, non lo abbandonerà mai” (5.12.2). In sintesi, il “naturale” e lo “spirituale” non sono soggetti diversi, ma l’opera di salvezza applicata nella stessa persona. In Adamo moriamo tutti, in quanto di natura “animale”, così in Cristo vivranno tutti, essendo di natura “spirituale”. Permettendoci di interpretare l’ultima opera dello Spirito quale salvezza della nostra carne,
“Quale altro frutto visibile dello Spirito che non è visibile, se non di rendere la carne matura e capace di incorruttibilità?” (5.12.4)
Un creato redento.
La risurrezione finale vedrà la ricostituzione dell’intera persona, secondo il disegno prestabilito di Dio,
“tutti coloro che sono stati scritti nella vita risorgeranno, conversando i proprio corpi, le proprie anime e i propri spiriti, nei quali furono graditi a Dio.” (2.33:5).
Dopodiché segue il giudizio finale, che confermerà definitivamente le scelte prese in vita,
”Invece, coloro che, in base al loro discernimento, si allontanano da Lui, li conduce a quella forma di separazione che è stata scelta da loro stessi“. (5.27.2).
In parole toccanti, Ireneo sottolinea che nella stessa carne in cui i santi hanno patito afflizioni, riceveranno i frutti del servizio; quando il Figlio rinnoverà cieli e terra, e noi con Abramo entreremo nell’eredità,
“Dio promise l’eredità della terra ad Abramo e alla sua discendenza, e né Abramo, né la sua discendenza (cioè coloro che sono giustificati dalla fede) assumono al presente l’eredità in essa: ma la riceveranno alla risurrezione dei giusti”. (5.32.2)
Tutt’altra che un’eternità statica: nel nuovo creato l’uomo stesso, pregustando l’incorruttibilità, continuerà a crescere nella gloria del Padre. Passerà solo la forma di questo mondo, alterato dal peccato. Mentre l’uomo si troverà perfettamente rinnovato, non invecchiando, nel giorno in cui abita nuovi cieli e terra, ”in cui l’uomo dimorerà rinnovato, chiacchierando sempre con Dio in un modo nuovo” (5.36.1).
La Chiesa parteciperà alla vita stessa di Dio, quali amati dal Padre, mediante il Figlio, nella comunione dello Spirito. Di modo che Dio sia glorificato, e l’uomo raggiunga la sua meta di far risplendere la gloria di Dio!
Secondo un disegno ideato prima della creazione del mondo.