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Perché studiare la storia cristiana? Cristo non ci chiama ad essere Suoi ambasciatori verso la nostra generazione? Se Egli ha determinato l’epoca a noi assegnata, i confini della nostra abitazione (Atti 17:26), non sarebbe giusto concentrarci quasi esclusivamente sul momento e il luogo in cui siamo nati? La risposta, per certi versi, è un sì determinato. Al tempo stesso, la domanda rimane: come servire al meglio la propria generazione con il Vangelo di Gesù? Vorrei suggerire che la risposta include, anzi presume, una certa conoscenza basilare della storia cristiana, sia per alimentare la propria fede sia per presentarla ad altri riconoscendo di condividere una fede tramandata nel tempo. Detto altrimenti, ogni generazione di cristiani è chiamata “a combattere strenuamente per la fede, che è stata trasmessa (appunto “trasmessa”) ai santi una volta per sempre” (Giuda v. 3). Sotto tale luce, è impossibile considerarsi scollegati dalla storia di cui facciamo effettivamente parte.

1. Fare parte della storia.

Rimanere indifferenti alla storia significa dimenticare il metodo comunicativo scelto da Dio

Va ricordato che non siamo certo persone che vivono in un vuoto! La fede cristiana non inizia con noi. È stata invece trasmessa attraverso le generazioni, stabilendo in quel termine il senso corretto di “tradizione”. L’apostolo Paolo, sapendo di essere arrivato dopo altri, descrive l’appartenere a Cristo proprio in questi termini, “poiché vi ho prima di tutto trasmesso, come l’ho ricevuto anch’io, che Cristo morì per i nostri peccati, secondo le Scritture” (1 Cor 15:3). Possiamo dire che il diventare cristiano è meno un “trovare la fede”, e più un entrare nella conoscenza di una fede oggettiva a noi trasmessa, in cui siamo venuti a credere personalmente. La Bibbia descrive in questa chiave l’annuncio di Cristo. Veniamo a credere in un messaggio storico, tramandato fedelmente attraverso le generazioni, che rimane vero oggi…proprio perché lo era ieri! Quando diventiamo cristiani, entriamo effettivamente a far parte di questa storia.

2. Saper leggere la Bibbia.

Un ritorno al passato diviene la parola attuale – le parole dello Spirito Santo oggi

D’altronde basta pensare alla natura della Bibbia. Il canone di sessantasei libri è essenzialmente un accumulo di rivelazione storica. Il che non rappresenta una confusione di elementi troncati e contradditori, bensì un insieme armonioso, perfettamente coerente. Contando che la rivelazione di Dio, quale progressione nel tempo, non è priva di cronologia. Dio ha scelto di rivelarsi attraverso la storia. Rimanere indifferenti alla storia significa dimenticare il metodo comunicativo scelto da Dio! Peraltro, basta pensare come la Bibbia stessa ritorna continuamente ad eventi passati, pur di applicare agli uditori presenti lezioni importanti, “Poiché tutto ciò che fu scritto nel passato, fu scritto per nostra istruzione, affinché mediante la pazienza e la consolazione che ci provengono dalle Scritture, conserviamo la speranza”” (Romani 15:4). Serve la storia per istruirci oggi. Un ritorno al passato diviene la parola attuale. L’esempio classico si ritrova in Ebrei cap. 3:7-11. Queste sono le parole dello Spirito Santo “oggi” (ai tempi della lettera). Tuttavia sono coinvolte quattro generazioni: la parola cita direttamente il Salmo 95, che a ritroso commenta eventi narrati in Esodo 17. Gli stessi eventi sono riportati agli uditori originali di Ebrei 3 per poi essere preservati dallo Spirito Santo fino a noi oggi. Sono 4 generazioni del popolo di Dio a beneficiare della stessa parola! Detta in breve, il cristiano non può fare a meno della storia. 

3. Perseverare con la schiera (Ebrei 11).

Stiamo parlando di studiare la storia, in prospettiva cristiana. Perché farlo? Sicuramente per non chiudere le orecchie alla saggezza delle tante generazioni passate della Chiesa, “la grande schiera di testimoni” che ci circonda (Ebrei 12:1), fratelli e sorelle in Cristo che hanno servito la causa del Vangelo prima di noi. Inseriti nell’albo non perché fossero perfetti; basta notare i nomi elencati, quali Giacobbe, Barac, Sansone! Erano uomini di certo con gravi difetti, che hanno comunque dato un contributo importante alla storia di fede del popolo di Dio. E la schiera di testimoni continua ad ampliarsi tutt’oggi. Permettendoci di correre con perseveranza la gara che ci è posta davanti, nella certezza che milioni di santi, anche molto imperfetti, l’hanno corsa prima di noi.

4. Ovviare l’arroganza.

Viviamo una cultura più veloce, immediata, informata di qualsiasi altra, con informazioni su ogni soggetto sotto il sole accessibili con un clic. Tutto più veloce, a portata di mano. Il che fa sorgere facilmente il mito del “progresso continuo”; il sogno che la storia evolva sempre verso il meglio; la realtà aggiornata è migliore di quella precedente. Respiriamo ogni giorno l’aria di una cultura che elogia il presente al di sopra del passato. Tale cultura ha una padronanza sempre minore della storia ed un atteggiamento inconscio di superiorità che finisce per consolidare la nostra ignoranza. Quasi non sento il bisogno di conoscere il passato, mi basta stare sulla bella isola deserta del presente! Con questo approccio, finiamo pure noi cristiani a commettere uno “snobismo cronologico”. Tagliandoci fuori della nostra storia, ossia la storia della Chiesa di Dio. Peraltro, più si studiano altri periodi della storia, più ci si rende conto come ogni secolo operi inconsciamente una serie di premesse, dati di fatto, pregiudizi, che sembrano scontati in quel periodo stesso, così da non essere mai messi in discussione. Anche per questo motivo serve lo studio delle epoche! Sennò rimarremo ciechi alle premesse, spesso infondate, della nostra cultura. Finiremo complici delle ideologie presentate nei panni di una presunta oggettività. L’unica palliativa, come diceva C.S Lewis, è di “sentire nelle nostre menti la pura brezza marina dei secoli”.

5. Non dimenticare i padri.

Se la schiera di testimoni prosegue oltre Ebrei 11, il cristiano cercherà di seguire uno studio quantomeno elementare della storia cristiana occidentale (e non solo). Quali sarebbero i periodi da studiare? La patristica e i primi concili, il primo e il tardo medioevo, la Riforma protestante, il Puritanesimo, il Risveglio del ‘700, l’evangelizzazione globale dell’800 e l’ecumenismo del ‘900. Un punto cruciale è capire che la storia della Chiesa non inizia nel ‘500, bensì nei primissimi secoli dopo l’ascensione di Gesù. L’ambito evangelico tende ad avere poca dimestichezza con il periodo patristico, lasciando al mondo cattolico di presentarsi quali giusti eredi, con la staffetta presa in mano dai padri della chiesa cattolica. Tale operazione è agevolata da una nostra diffusa ignoranza. Al contrario, una certa conoscenza dei primi secoli ci permetterà di evidenziare una nostra adesione alla fede storica, che effettivamente non siamo “gli ultimi arrivati”. Siamo nella scia del Vangelo apostolico, che dispone di tanti esponenti, fedeli anche se imperfetti, da cui possiamo continuamente apprendere, per essere fedeli testimoni di Cristo a favore della nostra generazione!

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