×

Passato o presente?

Passato o presente? Chi non sceglierebbe il secondo! Eppure non è semplice, nel momento in cui si capisce quanto ogni secolo incide sui successivi. Nessuno è un’isola, neppure lo è il presente. Specie in una prospettiva cristiana, plasmata da due principi biblici:

Siamo sollecitati a ricordare l’ampia schiera di testimoni della fede, cui si aggiungono continuamente altri in ogni generazione.

“Ciò che è stato è quel che sarà; ciò che si è fatto è quel che si farà; non c’è nulla di nuovo sotto il sole”. (Eccl 1.9).

“Anche noi, dunque, poiché siamo circondati da una così grande schiera di testimoni, deponiamo ogni peso e il peccato che facilmente ci avvolge, e corriamo con perseveranza la gara che ci è proposta”.     (Ebrei 12.1)

Da un lato, siamo messi in guardia contro l’idolatrare il momento storico che viviamo, data la ripetitività delle esperienze umane. Dall’altro, a seguito della morte, risurrezione ed ascensione di Gesù, siamo sollecitati a ricordare l’ampia schiera di testimoni della fede (già elencati in Ebrei 11), cui si aggiungono continuamente altri in ogni generazione. 

Detta in breve il cristiano non può svalorizzare la portata della storia, che serve ad ovviare una certa arroganza moderna; nata da una cultura più immediata ed informata di qualsiasi altra. Così sorge facilmente il mito del continuo progresso; come se la realtà aggiornata fosse migliore della precedente. Questo atteggiamento quasi inconscio di superiorità, di snobismo cronologico, tende a consolidare un’ignoranza diffusa del passato. A causa di questo limite, riscontrato anche fra il popolo di Dio, mi ritrovo smarrito nel piccolo borgo della mia poca esperienza. Invece più si studia la storia, più ci rendiamo conto di quanto ogni secolo dà per scontati involontariamente una serie di “fatti” e pregiudizi mai messi in discussione. Pertanto, serve lo studio delle epoche! Altrimenti rimarremo ciechi alle premesse, talvolta anche infondate, della nostra cultura. 

Ritornare all’inizio

Meglio ritornare proprio all’inizio. Circa nel 170 d.C. per intenderci, all’esordio della storia della Chiesa. Ritengo sia giusto partire da qui, in quanto emerge dalla penna del teologo Ireneo la prima grande opera dottrinale della Chiesa. Il suo Contro le Eresie rappresenta effettivamente l’esempio recuperabile di un’opera sistematica al servizio del popolo di Dio, anche se l’uomo Ireneo rimane trascurato. O, perlomeno, così nell’ambito evangelico che, piuttosto ignorante e diffidente del periodo patristico, lo ritiene “proprietà” del cattolicesimo romano. Dovremmo invece chiederci: chi oggi si trova nella scia della Chiesa storica (nella misura in cui essa fu fedele a Cristo)? Chi sono gli eredi della fede primitiva? Noi evangelici dovremmo essere maggiormente istruiti; a smascherare le strumentalizzazioni spesso commesse, da chi cita erroneamente i padri per sostenere dogmi recenti. Ma è difficile controbattere privi di strumenti storici. Tutto questo per dire che Ireneo è un “grande”, purtroppo molto trascurato, se non addirittura strumentalizzato, nel nostro ambito italiano.

Un leone da Lione

Diamo qualche cenno biografico. Il vescovo di Lione era uomo dotato e umile, particolarmente abile nell’intuire le connessioni tra diverse verità bibliche. In sintesi Ireneo sapeva prevenire gli effetti collaterali di falsità camuffate da fede cristiana. Egli sapeva applicare nella pratica le grandi dottrine cristiane. Nato nella città di Smirne, nella moderna Turchia, egli ha come mentore Policarpo, che gli trasmette ricordi diretti e personali dell’apostolo Giovanni. Nel frattempo nel corso del secondo secolo, un gruppo di sette oggi raggruppate sotto l’etichetta dello “Gnosticismo” aveva infettato la Chiesa con una commistione di antiche filosofie orientali e greche. Roma ne divenne un centro importante, a causa dell’insegnamento di Valentino, un teologo molto influente. Il movimento cresce esponenzialmente, infiltrandosi pure nella Chiesa di Lione. Ireneo ritrae questa raccolta di insegnamenti come un mostro dalle tante teste, un mostruoso idra pronto a divorare spietatamente il gregge di Dio.

Tre motivi

Per questo nasce la grande opera Contro le Eresie (182-88), destinata a offrire la più ampia confutazione dello gnosticismo nella storia della Chiesa. Di fatto è difficile esagerare l’importanza di Ireneo come “architetto” principale del pensiero cristiano. Con cuore pastorale, egli scrive in primis per tutelare la Chiesa. 

“…affaticandomi con tutte le mie forze affinché loro non siano in alcun modo pervertiti da quelli che cercano di insegnare loro false dottrine, conducendoli distanti dalla verità.”

Non solo, Ireneo intuiva come lo gnosticismo ostacolava la testimonianza del vero Vangelo. In sintesi, occorre precisione dottrinale per facilitare l’evangelizzazione vera e propria; l’annuncio fedele nasce sempre dal terreno della sana dottrina. Senza dimenticare un terzo motivo: Ireneo ha a cuore anche lo gnostico, invitandolo ad abbandonare le falsità, così da accedere una conoscenza salvifica di Gesù Cristo. 

preghiamo che questi uomini non rimangano nella fossa che hanno scavato e che essi, convertiti alla Chiesa di Dio, siano veramente generati, e che il Cristo sia formato in loro. Preghiamo per queste cose a loro favore, amandoli più di quanto sembrano amarsi essi stessi“. 

Problema è che lo Gnosticismo fu abile a riformularsi. Anche per questo, l’opera si chiama Contro le Eresie, giacché si discernono nelle basi gnostiche quegli elementi comuni ad ogni eresia. L’opera di Ireneo serve a proteggere il gregge di Dio, a preservare la testimonianza della Chiesa al mondo, a chiamare falsi dottori al pentimento.           

Un mostro (contemporaneo)

Il primo libro si prefigge di descrivere il mostro. Il Dio gnostico viene concepito come Pleroma (pluralità di elementi spirituali), a cui interno avviene una certa “caduta”: una parte, estromessa dalla sfera spirituale, finisce per dare nascita alla realtà fisica che abitiamo. Lo Gnosticismo si fonda sul ribaltamento della logica della Genesi, in quanto il mondo creato deriva da una caduta spirituale già avvenuta. L’origine del mondo sta in uno sbilanciamento cosmico, un difetto all’interno di Dio, più che nell’opera amorevole di un Dio in perfetta armonia con Se Stesso. Di conseguenza, la creazione fisica viene considerata imperfetta, malvagia. Il corpo umano diviene una tomba sgradevole in cui è interrata la preziosa anima. Tutto ciò che appartiene al divino è l’opposto del terreno. Il che rende impossibile un vero rapporto tra Dio e uomo, rinnegando a priori qualunque idea di incarnazione. Il Gesù gnostico, non assumendo una vera natura umana,

è passato attraverso Maria, come acqua passa attraverso un tubo.” 

Il Suo corpo non è realmente fisico. Il divino non sperimenta mai la croce; ma viene rimpiazzato da un mero uomo che, assomigliandogli esteriormente, muore al posto del Cristo. Il pensiero è rispecchiato nella interpretazione della crocifissione riportata nel Corano. 

In verità, per lo gnostico non era neanche prioritario che Cristo dovesse morire. Il problema dell’uomo, infatti, non sta tanto nel peccato, quanto nella materia. La “salvezza” non è tanto legata alla Persona di Gesù, quanto alla ricerca interiore, un percorso spirituale nel nostro essere più profondo (un’idea molto contemporanea)! Una ricerca per conto nostro, per ritrovare quella scintilla di spiritualità che un giorno libererà l’anima pura dalle catene di questo corpo! 

Secondo lo gnostico, non esiste più legame tra spirituale e fisico, quello che faccio nel corpo non ha conseguenze spirituali. Questo genera due possibili tipi di etica: o bisogna rinunciare al corpo, dato che non conta niente. Oppure, se il corpo è come il fango in cui è sepolto il gioiello della mia anima, allora è possibile rotolarsi quanto si vuole in quel fango, senza effetti collaterali sull’anima. Da una parte la vita ascetica, dall’altra una condotta sfrenata, permissiva. Entrambe le strade scindono spirituale e materiale. 

Come leggere di conseguenza le Scritture? Per gli gnostici Gesù rimane il Volto divino per il mondo, ma il testo biblico serve solo come via preferenziale di rivelazione concessa ad alcuni. La salvezza, in ogni caso, risiede nella “conoscenza”, per cui l’obiettivo è scavare interiormente, per ritrovare il divino in noi, senza veri controlli interpretativi. 

Il mostro purtroppo vive ancora.


Questo articolo fa parte della serie Una così grande schiera di testimoni.

Most Read

CARICA ANCORA
Loading