Se, di prima mattina, fai un giro in macchina in provincia di Napoli, probabilmente vedrai gruppi di uomini, spesso nordafricani, seduti agli incroci o intorno alle rotatorie aspettando che qualcuno arrivi per offrirgli un giorno di lavoro in un campo o in un cantiere. Da quello che mi dicono possono guadagnare tra 30 a 40 euro al giorno. Secondo Gesù il suo regno è un po’ simile a questo scenario.
Questo post non è sull’economia nera di Napoli (forse una cosa del genere sta succedendo non lontano da casa tua ogni mattina), né sullo sfruttamento degli immigrati. Cercheremo invece di parlare della natura radicale del regno di Gesù e dell’avamposto di questo regno, cioè la chiesa locale. Faremo questo con l’aiuto della parabola dei lavoratori delle diverse ore (Mt 20:1-16) che vi invito a leggere ora.
Quali sorprese troviamo in questa storia? Io ne conto almeno quattro, rifacendomi qui in parte a: Kenneth E. Bailey, Jesus through Middle Eastern Eyes, SPCK, London 2008.
- La prima e più ovvia è l’uguaglianza di paga. A fine giornata al padrone non importava se uno avesse lavorato 12 ore o un’ora. Ognuno riceveva un denaro, la paga normale per un operaio per un suo giorno di lavoro. Tutti hanno ricevuto la stessa ricompensa nonostante una diversità notevole di ore lavorate. Questo è giusto? Il padrone, avendo concordato questa somma con i primi impiegati, era convinto di si (v.13). Ma proprio questi primi impiegati non erano per niente d’accordo (v.12).
Forse la giustizia è uno dei temi principali della parabola. Il padrone promette di dare ai lavoratori quello che è “giusto” (v. 4) e, dato che i soldi sono suoi, egli ha il diritto di decidere ciò che è giusto. E’ chiaro che qui Gesù non desidera rivestire il ruolo di professore di economia, insegnando concetti da applicare alla nostra società. Ma forse sta rispondendo a una domanda di uno dei suoi discepoli, Pietro: “Ecco noi abbiamo lasciato ogni cosa e ti abbiamo seguito; che ne avremo dunque?” (Mt 19:27). Gesù riconosce il loro sacrificio che sarà generosamente ricompensato (v. 29), ma in questa parabola insegna che la chiesa locale è un luogo dove sia i primi che gli ultimi riceveranno lo stesso premio, la vita eterna offerta gratuitamente a tutti. Si tratta di un luogo dove l’enfasi non è su quello che io merito, piuttosto su quello che ricevo. - La seconda sorpresa è l’ordine in cui i lavoratori vengono pagati. Normalmente, chi avrebbe dovuto essere pagato per primo? Coloro che erano stati assunti prima. Facendo così, il padrone avrebbe avuto anche la possibilità di evitare la polemica che ne è nata. Invece fa l’opposto (v. 8). Perché? Forse perché sta cercando di insegnare ai primi una lezione importante: nella chiesa “gli ultimi saranno primi e i primi ultimi” (v. 16) o almeno dovrebbe essere così! In che modo questa parabola aiutò gli apostoli e i primi discepoli a digerire la conversione di Saulo (Atti 9)? Quanto sarebbe stato facile per loro risentirsi, come primi, dell’arrivo di questo ultimo. Impossibile che lui, l’ex persecutore della chiesa, potesse essere considerato uguale a loro agli occhi di Dio. Invece, nel regno dei cieli, è proprio così. E la chiesa locale è chiamata a vivere questa realtà. Non importa se sei il fondatore di una chiesa, o se sei l’ultimo ad arrivarci. Non importa se sei nato e cresciuto in una famiglia evangelica, non sapendo riconoscere un giorno dove non hai creduto in Dio, o se sei convertito all’età di 88 anni. Secondo Gesù siamo tutti uguali ai suoi occhi, anzi gli ultimi saranno primi.
- La terza sorpresa é il coinvolgimento diretto del padrone nel trovare i lavoratori. Al v. 8 incontriamo il fattore, una persona che lavora per il padrone con la responsabilità di gestire la vigna, un manager o un amministratore. Chiaramente, sarebbe stata sua la responsabilità di uscire a cercare lavoratori a inizio giornata. Un imprenditore napoletano vestito di Gucci, Vuitton e Ferragamo, non andrà mai in giro per Secondigliano nella sua Audi, che sembra più un’astronave che una macchina, cercando dei lavoratori per i suoi cantieri. Manderà piuttosto uno dei suoi amministratori. Invece, nella parabola, il padrone stesso esce alla ricerca dei lavoratori. La chiesa è composta di uomini e donne trovati dal Dio che esce alla ricerca di ciò che è inoperoso (v. 6).
- L’ultima sorpresa é la persistenza del padrone nell’uscire per cercare lavoratori. Infatti, non esce solo una volta, ma ben cinque volte – sul far del giorno (v. 1), verso la terza ora (v. 3), verso la sesta, nona ora (v. 5) e undicesima ora (v. 6). Come mai? Non ha fatto bene i calcoli a inizio giornata? Ha sottovalutato la quantità di lavoro nella sua vigna? Perché esce cinque volte? Forse non perché lui avesse bisogno dei lavoratori, ma perché loro avevano bisogno di lui. Com’è essere disoccupato? Immagino molto difficile, a diversi livelli: difficile pagare l’affitto, le bollette, mettere pane in tavola per una famiglia; difficile mentalmente ed emotivamente, contribuendo ad un’eventuale bassa autostima, a una mancanza di dignità a un sentirsi non rispettato dagli altri. La disoccupazione, immagino, sia una dura prova. Questo padrone sembra capire tutto questo.
Allora, cosa possiamo pensare degli ultimi in piazza all’undicesima ora? Forse, il fatto che stessero ancora lì, dimostra che erano disperati. Perché non sono tornati a casa, perché non si sono arresi per quel giorno? Perché ovviamente avevano un bisogno serio di lavoro. Perché sono rimasti per ultimi? Forse perché erano i più anziani, i più deboli, i più incapaci o, semplicemente, brutti. Gli ultimi ad essere scelti. Ma questo padrone li sceglie. Perché il padrone non dà loro un denaro lì sul posto, in piazza, e non li rimanda subito a casa, invece di farli venire nella sua vigna per un’ora di lavoro? Perché non vuole trattarli come mendicanti. Non vuole fare loro l’elemosina, vuole dargli ciò che desiderano: la dignità di lavorare. Quant’è pieno di compassione e bontà questo padrone!
Anche la chiesa locale deve essere un posto radicale come la vigna di questo padrone. Dove gli ultimi, i più deboli, i vulnerabili, vengono considerati con compassione e amore. Valorizzati per come sono considerati agli occhi del Padrone. Dove tutti sono lavoratori impiegati nel servizio del Padrone. Dove non si concentra sul merito di uno o dell’altro, ma su ciò che viene ricevuto. Dove gli ultimi saranno primi. Un assaggio del regno dei cieli.
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