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L’umiltà e il timore del Signore sono forse due lati della stessa medaglia. 

Il redattore anonimo del libro di Ecclesiaste ha compilato i detti saggi e le osservazioni dell’Ecclesiaste o Predicatore con uno scopo ben preciso che ci rivela alla fine del libro – vuole portarci al timore del Signore e all’ubbidienza (12:15). Per fare questo ci confronta con la realtà spesso brutale della nostra esistenza sotto il sole. Le parole che leggiamo in questo libro antico funzionano come dei chiodi e degli stimoli (12:13) usati per umiliarci ed aiutarci a vivere bene. L’umiltà e il timore del Signore sono forse due lati della stessa medaglia. 

L’umiltà è una caratteristica essenziale per la guida di chiesa. Quanto abbiamo da imparare e crescere nell’umiltà! Ecco alcuni modi in cui l’Ecclesiaste ci insegna l’umiltà

1. La vita è fugace

“Vanità delle vanità, tutto è vanità” (1:2) – Forse questa è la frase più famosa del libro. Siamo vanità, hevel nel ebraico (la lingua originale dell’Antico Testamento), una parola che incontriamo 38 volte dal Predicatore per descrivere la vita sotto il sole. Hevel significa letteralmente vapore, cioè una cosa senza sostanza, intangibile, impossibile afferrarla. È momentanea e temporanea, sparisce in un istante. È misteriosa, spesso frustrante e incomprensibile. Hevel, vanità dice il Predicatore tutto è vanità noi inclusi! 

2. La vita è correre dietro al vento

Come uomini e donne siamo stati creati con desideri infiniti che possono soltanto essere soddisfatti da qualcosa di infinito.

“Un correre dietro al vento” (2:11) – La ricerca dell’essere umano della soddisfazione, della speranza e di un senso della vita nelle cose di questo mondo è paragonata ad una continua corsa dietro al vento. Che siano gli studi (1:16-18), i piaceri (2:1-3), il lavoro, i soldi, lo shopping e il sesso (2:4-10) tutto è un gran correre dietro al vento (2:11). Come uomini e donne siamo stati creati con desideri infiniti che possono soltanto essere soddisfatti da qualcosa di infinito. 

3. Dio è sovrano

Non viviamo in un mondo dominato dal caso e dal caos, ma da un Dio sovrano e eterno.

“Per tutto c’è il suo tempo” (3:1) – La poesia all’inizio di capitolo 3 ci ricorda che non viviamo in un mondo dominato dal caso e dal caos, ma da un Dio sovrano e eterno. Ogni azione compiuta da lui è perfetta, non possiamo aggiungere o togliere nulla da ciò che lui fa (3:14). Lui che risiede fuori dal tempo è in controllo dei tempi e delle stagioni della nostra esistenza e non noi. Non siamo i capitani del nostro destino, non sappiamo se domani sarà un tempo per piangere o un tempo per ridere. Siamo costretti e limitati dal tempo, lui no.

4. Siamo limitati dal tempo

“La sorte dei figli degli uomini è la sorte delle bestie” (3:19) – veniamo come gli animali dalla polvere e come gli animali, ritorneremo alla polvere (3:20). Anche se siamo creati all’immagine di Dio, anche se abbiamo una capacità incredibile di pensare, di creare e di amare spesso non esiste una grande distinzione tra noi uomini e le bestie. Da polvere a polvere!

5. Siamo fatti per la comunità, non per vivere da soli

Abbiamo bisogno del prossimo, non siamo delle isole indipendenti.

“Due valgono più di uno solo” (4:9) – Viviamo in una cultura super individualistica. Oggi più che mai l’individuo è considerato come re e può, se vuole, vivere la sua vita in beata solitudine. Ma il Predicatore ci ricorda che non siamo stati creati per vivere da soli ma in comunità. Abbiamo bisogno del prossimo, non siamo delle isole indipendenti. Quando ci sentiamo sopraffatti (4:12), quando cadiamo (4:10) se abbiamo parenti, amici, colleghi per rialzarci rimarremo per terra.

6. Siamo limitati dalla morte

La morte – Anche se siamo uno dei “vincitori,” uno dei BIG di questa vita, anche se riusciamo a trovare una sorte di soddisfazione e senso qui sotto il sole, primo e poi arriverà il giorno quando “il cordone d’argento si staccherà, il vaso d’oro si spezzerà, la brocca si romperà sulla fronte, la ruota infranta cadrà nel pozzo” (12:8). La morte è l’unica certezza di questa vita. Il Predicatore ci vuole incoraggiare ad andare al cimitero, trovare una tomba e immaginare che un giorno il nostro nome sarà scritto su quella tomba.

7. Non resterà niente di noi

“Non rimane memoria” (1:11) La morte, non solo rappresenta la fine definitiva di ognuno di noi, ma rappresenta anche l’annullamento completo di ogni memoria della nostra esistenza. Di nuovo dobbiamo andare al cimitero e questa volta cercare una tomba vecchia dove non si riesce a leggere il nome del defunto. Non rimane più memoria della sua vita, di ciò che lui o lei ha compiuto, relazioni, casa, lavoro, soldi, tutto cancellato dalla morte e dal tempo. 

Forse la lettura di questo articolo ti ha turbato o provocato. Forse stai pensando “ma abbiamo la speranza della risurrezione che cambia tutto”. Sono totalmente d’accordo con te, ma non toglie la verità dalle osservazioni del Predicatore. 

Noi siamo semplicemente delle creature, carne e ossa e non il Creatore: “Dio è in cielo e tu sei sulla terra” (5:2). 

L’umiltà viene dall’accogliere questa realtà come il primo passo verso una vita vissuta bene sotto il sole.

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