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Nota dell’editore: la definizione, le idee e la spiegazione generale dei concetti in questo post derivano dal lavoro di Roy Clouser. Tuttavia, ho filtrato il tutto attraverso la mia interpretazione e ho inserito alcuni dei miei pensieri sulla questione. Tutto ciò che è coerente, ovvio, ragionevole e logico dovrebbe essere attribuito a Clouser. Tutto ciò che è incoerente, assurdo, irragionevole e illogico dovrebbe essere attribuito esclusivamente a me.

Ludwig Wittgenstein credeva che il compito corretto della filosofia fosse quello di rendere chiara la natura del nostro pensiero e la comunicazione. Egli credeva che i problemi della filosofia fossero illusori e nascessero da malintesi dovuti al linguaggio. Anche se penso che abbia ampiamente sopravvalutato la cosa, penso che Wittgenstein fosse impegnato in qualcosa di importante: molti problemi, non solo in filosofia ma anche in altri settori come la religione, derivano da un uso impreciso del linguaggio. Un ottimo esempio è il dibattito su ciò che costituisce un “credo religioso”.

Cosa rende esattamente delle convinzioni un credo religioso? Per rispondere a tale domanda, dobbiamo innanzitutto dare una definizione del termine in modo tale che non sia né troppo ampia né troppo ristretta, elencando tutte le caratteristiche che sono vere per tutti i credi religiosi e quelle vere solo per i credi religiosi. Sebbene questo possa sembrare ovvio, siamo spesso sorpresi quando scopriamo cosa viene scartato quando si riduce una definizione alle sue componenti essenziali. Immagina, per esempio, di cercare di definire il concetto di albero in modo che sia limitato a ciò che è vero per tutti gli alberi ma che è vero solo per gli alberi. Ridurre la spiegazione in questo modo non solo sarebbe difficile, ma ci lascerebbe con una definizione curiosa e probabilmente insoddisfacente.

Ciò che è vero per gli alberi sarà altrettanto vero per i credo religiosi. Dopo aver tagliato il fogliame e il sottobosco, caratteristiche di specifici credo religiosi, è probabile che non rimarremo impressionati dalla canna spoglia e snella che rimarrà. Dovremmo anche aspettarci di scoprire che una definizione con un minimo di precisione evidenzi che alcune convinzioni che avremmo potuto considerare religiose in realtà non lo sono e che altre lo sono più di quanto avremmo potuto immaginare. Nondimeno, anche se  potremmo essere sorpresi, insoddisfatti o non impressionati, l’importante è che il termine sia definito correttamente.

Cominciamo esaminando due caratteristiche che comunemente (anche se erroneamente) sono ritenute essenziali per i credo religiosi.

I credo religiosi richiedono una fede in Dio o negli dèi

Uno dei malintesi più comuni sui credo religiosi è la convinzione che essi richiedano una fede in Dio o in un essere superiore: una tale rappresentazione sarebbe troppo ristretta perché escluderebbe le religioni politeiste che non riconoscono un essere superiore. In effetti, non possiamo affatto includere il concetto di dio o dè,i dato che alcune religioni (per esempio, il bramanesimo o il buddismo theravada) sono letteralmente atee.

I credo religiosi sono convinzioni che inducono al culto o ad attività legate al culto

Anche questa caratteristica è confutata dagli esempi del bramanesimo e del buddismo theravada, in cui non è praticato alcun culto. Lo stesso vale per i credo religiosi di alcuni antichi greci come Aristotele e più tardi gli epicurei, i quali pensavano che gli dei non conoscessero né si preoccupassero degli umani: certamente essi non sentivano l’obbligo di adorare tali esseri apatici.

Avendo escluso gli dèi e il culto dalla nostra definizione, ci rimangono pochissime caratteristiche che tutti i credo religiosi potrebbero avere in comune. Come si chiede il filosofo Roy Clouser: “Quale elemento comune può essere trovato fra l’idea biblica di Dio di ebraismo, cristianesimo e islam, l’idea indù di Brahman e Atman, l’idea di dharmakaya del buddismo mahayana e l’idea del tao nel taoismo?”. La risposta, sostiene, è che ogni tradizione religiosa considera divina una cosa o l’altra e che tutte hanno un denominatore comune nello status accordato alla divinità stessa.

Mentre molte religioni non sono d’accordo su cosa sia divino, tutte lo sono su cosa significhi essere divino. Il divino è semplicemente tutto ciò che è incondizionatamente e indipendentemente reale, qualunque cosa che semplicemente c’è. Al contrario, tutto ciò che non è divino alla fine deve la sua esistenza, almeno in parte, a ciò che è divino. Questa idea di non-dipendenza, o il suo equivalente, è la caratteristica comune a tutti i credo religiosi.

Clouser usa questo elemento comune per formulare una definizione precisa: un credo è religioso a condizione che sia (1) una credenza in qualcosa di divino o (2) una fede su come stare in giusta relazione con esso, laddove (3) il divino si ritenga tale perché incondizionatamente indipendente.

La conclusione che possiamo trarre da questa definizione è che ognuno detiene, consciamente o inconsciamente, un credo religioso. Per molti di noi, questo sarà ovvio come scoprire che per tutta la vita abbiamo parlato in prosa. Altri, invece, avranno una reazione simile a quanti sostengono che, anche se tutti gli altri hanno un certo accento quando parlano, loro però non ce l’hanno.

Anche se può essere vero che non tutti hanno una religione (un sistema di credenze, pratiche e rituali religiosi), sarebbe piuttosto assurdo credere che ci sia qualcuno che non abbia un credo religioso. Questo può essere dimostrato concentrandosi su una teoria o convinzione che molte persone credono erroneamente essere il contrario della religione: il materialismo.

Sebbene l’idea del materialismo sia in circolazione almeno dagli antichi greci, solo di recente è stata considerata un’idea non religiosa. Ciò è piuttosto strano considerando che esso afferma esplicitamente che la materia, o qualche altra entità fisica, è incondizionatamente e indipendentemente reale, e che trae conclusioni sulla natura e sull’umanità sulla base di tale convinzione.

Il materialismo, infatti, si adatta meglio alla nostra definizione di quanto non facciano alcune convinzioni ad esso correlate, come l’ateismo. Proprio come il monoteismo afferma che il numero degli dèi è uno e il politeismo sostiene che il loro numero è più di uno, l’ateismo afferma semplicemente che il numero degli dèi è zero. Poiché l’ateismo si limita a prendere posizione su un elemento non essenziale del credo religioso, sarebbe errato affermare che sia intrinsecamente un credo religioso. Il materialismo, d’altra parte, si adatta alla definizione in modo categorico e netto. La definizione di Clouser non è né troppo ampia né troppo ristretta, è applicabile a ogni tradizione religiosa conosciuta ed è logicamente concreta. Tuttavia, diffido che i materialisti si pieghino alla sua logica e ammettano che anche loro hanno un credo religioso; quando vengono messi sotto pressione su questo punto, molti materialisti tendono a ricorrere ad arringhe o a dispute speciali sulla semantica dell’uso del termine “religioso”, ma, come dice Clouser: “Se insisti sul fatto che tutto ciò che credi divino non è religioso per te, dovrai ammettere che per quelli di noi che sostengono una tale convinzione e ne ammettono il carattere religioso, la tua sembrerà religiosa per ragioni che sono tutt’altro che arbitrarie”. In altre parole, chiama il tuo credo come vuoi: certamente apparirà e si comporterà come un credo religioso.

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