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La storia migliore del Mondiale dell’Argentina

Altro da Michel Di Feliciantonio

Il 18 dicembre 2022 l’Argentina, guidata dal suo capitano Leo Messi, si è laureata campione del mondo dopo una pazzesca finale giocata contro la Francia. La partita, così spettacolare da essere già considerata una delle più belle finali di tutti i tempi, si è conclusa drammaticamente ai rigori. L’Argentina aveva dominato ed era andata sul 2 a 0 prima di subire un’inaspettata doppietta, in meno di due minuti, di Kylan Mbappé. Nei vertiginosi supplementari che sono seguiti sono andati a segno sia Leo Messi che il fuoriclasse francese, capocannoniere del torneo. 

In questo marasma generale lo sport dovrebbe essere l’ultima delle cose a cui pensare, ma non è così.

La vittoria del Mondiale è arrivata mentre l’Argentina sta vivendo un periodo incredibilmente difficile: il tasso di inflazione è all’80 percento, il 36 percento della popolazione vive in condizioni di povertà, la conduzione politica del paese sembra in grosse difficoltà. In questo marasma generale lo sport dovrebbe essere l’ultima delle cose a cui pensare, ma non è così.

La vittoria de La Albiceleste ha scatenato una festa incredibile nel paese Sudamericano, dove lo sport, e il calcio soprattutto, è molto di più di un hobby o un passatempo. L’Argentina è stata definita “una Repubblica fondata sullo Sport”.

Difficile concepire l’idea che un Paese si regga concettualmente sullo sport. Eppure, almeno in un caso è vero…[L’Argentina è] una sorta di subcontinente in larga parte pianeggiante, dagli spazi apertissimi e quasi infiniti. Una realtà geografica e poi politica che ha ucciso il proprio passato semplicemente perché…non è il suo. Chi abitava quelle terre è stato sterminato nel corso dei secoli, oppure vive nell’isolamento fisico e politico. In assenza di un Medio Evo e di un Rinascimento che non sia d’altri, il minimo comune denominatore di oltre 40 milioni di connazionali è diventato lo sport, inteso come mito fondativo…

Il bisogno di una storia

Movimenti, teorie e sistemi vari ci insegnano che una narrativa, una storia a cui credere e con la quale identificarsi siano cose da superare con l’avanzamento della ragione. Ma è davvero così? La passione degli argentini per un gruppo di 11 persone che corre dietro a un pallone, invece, sembra indicare il contrario. Perché un paese sull’orlo del collasso si riversa per le strade delle proprie città per festeggiare la vittoria del Mondiale? 

In Argentina lo sport (il calcio in particolare) ha un’importanza inestimabile anche sul piano storico-politico: rappresenta il vero collante nazionale nonché il mezzo più efficace e immediato per costruire un’epica di popolo (o un popolo stesso, se vogliamo) che altrimenti non potrebbe essere tale con la stessa immediatezza e con il medesimo livello di coesione generale.

Per quanto razionale e moderno, l’essere umano ha da sempre bisogno di una storia, una meta-narrativa nella quale inserirsi e che gli fornisca un senso di identità, di appartenenza, di chiarezza, di comunità. 

Dio ha lasciato all’uomo un libro, che racconta la più grande delle storie, che gli faccia da guida.

È una caratteristica, questa, frutto dell’opera creazionale di Dio. All’essere umano è stata donata immaginazione, fantasia; il desiderio di scoprire, inventare e credere nelle storie. Inoltre, Dio lo ha collocato all’interno della sua meta-narrativa, quella storico-redentiva, che ha come fulcro la persona e l’opera di Cristo per la formazione di un popolo presso il quale Dio dimora. E ancora, Dio ha lasciato all’uomo un libro, che racconta la più grande delle storie, che gli faccia da guida. 

Ogni essere umano segue una storia, con le sue regole, i suoi valori e i suoi protagonisti. Forse è proprio per questo motivo che quando un angelo del Signore appare a dei pastori spaventati a Betlemme, non inizia una discussione accademica sull’origine del male e la soluzione a questo problema, ma annuncia una storia:

«Non temete, perché io vi porto la buona notizia di una grande gioia che tutto il popolo avrà: “Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo, il Signore. E questo vi servirà di segno: troverete un bambino avvolto in fasce e coricato in una mangiatoia» (Luca 2:10).

Quello di cui avevano bisogno i pastori, e di cui abbiamo bisogno anche noi oggi, è una storia, una buona notizia nella quale credere. Una storia che ci catturi completamente e che ridefinisca la nostra comprensione della realtà e riempia le nostre vite, i nostri pensieri, le nostre speranze, la nostra immaginazione e il nostro bisogno di comunità.

Un salvatore

La nostra storia ha bisogno di un eroe.

Affinché questo avvenga, la nostra storia ha bisogno di un eroe. Ogni storia che si rispetti ruota attorno alla figura di un eroe, un salvatore.

Per l’Argentina gli eroi sono due: Diego Maradona per il mondiale dell’86, Leo Messi per quello del 2022. Per inciso, due eroi sui generis: fisicamente piccolini ma in grado di arrivare fino al traguardo più ambito dopo essersi caricati sulle spalle il peso di una nazione intera che vive la passione per il calcio in maniera spasmodica, religiosa, identitaria.   

L’angelo del Signore annuncia che la buona notizia che ha portato è legata a un bambino. Il bambino è il Salvatore, il Cristo e il Signore, pienamente Dio e pienamente uomo. Messi e Maradona, giocatori fenomenali, non sono mai stati perfetti, né sul campo da calcio né tantomeno fuori. Gesù, invece, ha vissuto una vita perfetta, senza peccato. Non ha mai sbagliato un calcio di rigore, metaforicamente parlando.

Anche lui è un Salvatore sui generis: nato umilmente, nella povertà, riconoscibile non da uno scettro regale ma da delle fasce e una mangiatoia e poi, da adulto, crocifisso su una croce romana, abbandonato dai suoi discepoli. Eppure, è proprio questo Salvatore che porta a compimento il piano di salvezza cosmico di Dio. 

Uno dei grandi benefici di un evento sportivo (così come dei film, dei libri, dei giochi di ruolo, dei social) è che riesce a farti evadere dalla vita quotidiana con tutti i suoi problemi trasportandoti in un mondo migliore. Lo sport però, per quanto avvincente, è, come ogni altra storia, una pallida imitazione del Vangelo. Le partite finiscono. Non sempre la tua nazionale vince il mondiale. Il Vangelo è LA buona storia, in grado di ridimensionare le nostre paure e di conferire, a chi decide di credervi e di viverla personalmente, la grande ed eterna, gioia per eccellenza: l’unione riconciliante con Cristo Gesù, il Figlio di Dio. 

Tutti hanno bisogno di una storia in cui credere. Qual è la tua?

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