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Nota editoriale: 

Questo é il terzo di una serie di quattro articoli sul tema “Come confrontarci con la cultura attorno a noi.”

Ogni giorno riceviamo input dalla cultura nella quale viviamo. 

In questa serie di articoli voglio presentare un semplice modello che spero possa aiutarci a fare delle riflessioni culturali vangelocentriche. 

Il modello è preso dal libro Plugged In di Dan Strange ed è suddiviso in quattro fasi: Entrare, Esplorare, Esporre, Evangelizzare. Queste fasi le stiamo applicando ad un fenomeno culturale molto italiano: l’aperitivo.  

Nella Parte 1 abbiamo parlato dell’ingresso in un testo culturale. 

Nella Parte 2 abbiamo visto come esplorare i temi che rendono attraente il testo in questione. 

Nella Parte 4 vedremo l’evangelizzazione della cultura.

In questo articolo, invece, parleremo dell’esposizione dei limiti del testo. 

Esporre: mostrare gli idoli come impostori distruttivi

Le caratteristiche che abbiamo identificato nel testo hanno tutte un legame con il Vangelo. Ma esse “amplificano il messaggio di Dio e ci riconducono a lui?”. O stanno “sopprimendo negativamente, silenziando […] i messaggi di Dio, conducendoci così a un idolo che gli uomini hanno creato?” [124]. In questa parte del processo lo scopo è di smascherare gli idoli e le bugie che si nascondono dietro il testo

Ritualità

I riti sono un modo naturale di adorare qualcosa o qualcuno. La domanda che ci si pone è se la liturgia dell’aperitivo sia in grado o meno di soddisfare la fame dei devoti. La risposta sembra essere: no. 

Nella liturgia dell’aperitivo ci sono cocktail e prelibatezze il cui scopo è soddisfare l’appetito e l’ingordigia fisica. C’è un chiacchiericcio indistinto di voci multiple, senza una voce che abbia un’autorità superiore. L’ingresso al rituale non è gratuito ma è basato sul denaro. La gente è sempre alla ricerca di nuovi aperitivi e di aperitivi migliori.  

Questo perché sull’altare del bar non c’è un’unica coppa di vino a simboleggiare il sangue di Cristo versato per il perdono dei peccati. Non c’è del semplice pane a rappresentare il corpo di Cristo spezzato per l’unità dei credenti. Non c’è una voce (la Parola) autorevole che trionfa sulle altre voci. Non c’è una croce ruvida che ricordi alla comunità la morte e la resurrezione di Cristo come unico modo per partecipare al rito divino. 

Il rito dell’aperitivo non è che una versione pallida e contraffatta della profonda e appagante liturgia cristiana. 

Comunità

L’aperitivo promette comunità e amicizia. Ma dietro questa facciata si nascondono diversi problemi. Innanzitutto la comunità dell’aperitivo è una comunità chiusa. È una comunità che la persona sceglie per sé. Non è fatta di colleghi o familiari (che in entrambi i casi non si possono scegliere), a meno che non siano simpatici e rientrino tra gli amici. Non è fatta di estranei e raramente di stranieri. Di solito non è composta da persone di classi sociali molto diverse. È quindi una comunità egocentrica, incentrata sulle mie esigenze, sui miei desideri e sui miei gusti. 

In secondo luogo, è un tipo di comunità a basso impegno. Non si apre la propria casa, ma ci si incontra in un luogo neutro, dove è difficile fare discorsi profondi. Un luogo che si può lasciare in qualsiasi momento se c’è qualcosa che non è gradito o se si vuole evitare una conversazione scomoda.

E, infine, non è una comunità gratuita. Anche se il prezzo da pagare per farne parte può sembrare piccolo in un paese occidentale, anche se l’aperitivo è un buon affare perché si ottiene sia qualcosa da bere che qualcosa da mangiare, bisogna comunque guadagnarsi l’ingresso attraverso i soldi. E più si vuole che la comunità sia esclusiva, più si deve pagare. 

Evasione

L’aperitivo promette cibo, bevande, un tramonto mozzafiato in una bella città, nessuna preoccupazione, divertimento, gioia. È un vecchio idolo in Italia. Nel 1960 Federico Fellini girò un film intitolato La Dolce Vita, che è diventato un modo per descrivere l’idilliaco stile di vita italiano. Come scrive il teologo De Chirico, “la dolce vita è un sogno di vita, un desiderio profondo, un’aspirazione a cui molti tendono: una vita di benessere, di godimento, di piacere”. La dolce vita e l’aperitivo italiano sono in grado di mantenere le loro promesse? Citiamo ancora De Chirico, che dice che “la dolce vita è un contenitore dorato, colorato, attraente, ma se lo si apre è vuoto. Sembra qualcosa, ma non è. Appare ma dietro l’apparenza c’è poco […] è un guscio vuoto, incompiuto, frustrante, triste, mortale”.1

Un bell’aperitivo fornisce solo una breve fuga dalla realtà. Dopo l’aperitivo i problemi di una persona sono ancora lì. Dovrà tornare a casa e affrontare le divisioni della propria famiglia. Il giorno dopo dovrà andare al lavoro. Dovrà ancora combattere con problemi, stress e pesantezza. 

Esporre gli idoli della cultura attorno a noi

Nella terza fase abbiamo esposto gli idoli delle tre caratteristiche. Nel prossimo articolo vedremo in che modo usare il Vangelo per adempiere in maniera sovversiva la cultura dell’aperitivo.

Nel frattempo, perché non provi tu stesso ad esporre gli idoli di un testo culturale che ti preoccupa, interessa, o attrae? Esploralo per scoprire cosa lo rende unico e popolare.


DISCLAIMER: Questo contenuto esprime le posizioni e sensibilità dell’autore.

NOTA: Questo articolo è protetto da copyright. Ti preghiamo di guardare la pagina Autorizzazioni per eventuali utilizzi


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