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Perché gli autori del NT non spiegano la Trinità?

Spiegare la dottrina cristiana della Trinità non è facile. Tutte le analogie hanno almeno un punto debole, e il rischio di scivolare per sbaglio in qualche tipo di antica eresia è reale. Basta chiedere a un qualsiasi studente di teologia per sapere quanto velocemente le facce dell’uditorio si farebbero serie se durante un esame, a causa del nervosismo, si dicesse per errore: “Dio è formato da tre persone”. Oppure chiedete a un qualsiasi genitore come risponderebbe in modo ortodosso alla domanda del loro bambino di 5 anni: “Dio e Gesù sono la stessa persona?”.

Alla difficoltà concettuale si aggiunge il fatto che sono poche, se non addirittura nessuna, le grandi sezioni del Nuovo Testamento che forniscono una spiegazione completa della Trinità. Gli scettici fanno subito notare che la parola “Trinità” non è presente nella Bibbia, e anche i credenti più esperti si chiedono perché la triunità di Dio non sia più evidente.

In altre parole, perché gli autori apostolici non ci hanno reso le cose più facili spiegando la Trinità in dettaglio, come il De Trinitate di Agostino, se si tratta di una dottrina così centrale da confessare?

Le Scritture insegnano che Dio è trino

Prima di esaminare il motivo per cui gli autori del Nuovo Testamento non abbiano fatto di più, è essenziale osservare ciò che essi hanno già rivelato riguardo alla Trinità. Nel Nuovo Testamento vediamo:

  • il ritratto completo di un Padre celeste amorevole che opera attivamente per la redenzione del suo popolo;
  • la piena divinità del Figlio, Gesù Cristo, espressa in diverse e importanti maniere: trasmettendo la sua preesistenza, stabilendo la sua unica figliolanza divina, applicando a lui passi e concetti dell’Antico Testamento riferiti a Dio, descrivendo la sua adorazione fin dall’inizio e applicando direttamente a lui il termine “Dio”;
  • la piena Personalità dello Spirito Santo, presentato non come un campo energetico o una forza vitale impersonale, bensì come un agente personale che vuole, agisce, prega, dà vita e rivela (ad esempio, Gv 6:63; At 20:28; Ro 8:26-27; 1 Co 12:7-11);
  • le relazioni reciproche tra le persone divine (ad esempio, Mt 28:19; Lc 10:21-22; 24:49; Gv 20:22; At 2:32-33; Ro 8:9-11).

Nonostante gli autori del Nuovo Testamento non ci abbiano lasciato un manuale di teologia sistematica, più si legge la Scrittura e più si scorge il Dio trino nelle sue pagine. Basta avere gli “occhi per vedere”.

Perché la Trinità si nasconde?

Tuttavia è pur vero che nel Nuovo Testamento ci sono poche trattazioni estese della Trinità.

È un problema? Si tratta di un’area in cui gli avversari non cristiani possono avere vittoria facile sui credenti ortodossi? Non credo.

Ci sono diverse ragioni valide per cui il Nuovo Testamento potrebbe non essere così diretto o marcato come vorremmo.

1. Ampliamento delle categorie

Il Nuovo Testamento è stato scritto perlopiù da credenti ebrei a un pubblico (spesso) ebraico, attingendo da una “enciclopedia” concettuale satura di Antico Testamento. La principale confessione ereditata dall’antico Israele è quella di un unico vero Dio, ossia il monoteismo (De 6:4). L’Antico Testamento presenta regolarmente lo Spirito Santo e offre scorci del Figlio divino, ma il mistero completo del Dio trino, cioè il monoteismo trinitario, non viene pienamente svelato fino alla venuta di Gesù nella carne e all’effusione dello Spirito Santo a Pentecoste.

Pertanto spiegare la Trinità nei primi decenni della Chiesa a un pubblico (perlopiù) ebraico sarebbe stato come spiegare uno smartphone moderno a un adolescente nei primi anni Ottanta: le categorie c’erano, ma dovevano essere ampliate. Andare troppo in fretta avrebbe potuto (e lo ha fatto, si veda Giovanni 5:18) portare a confusione. Gli autori del Nuovo Testamento sembrano quindi lavorare principalmente all’interno delle categorie conosciute dal loro pubblico, svelando la Trinità in modo graduale e spesso implicito.

2. Diverse priorità

L’obiettivo primario degli scritti neotestamentari è quello di sostenere l’espansione del regno del Signore in tutto il mondo, per credenti ebrei e gentili (Mt 28:19-20; Lc 24:47; Ro 1:16-17; Ap 5:9-10). Questo determina quali argomenti ricevano in effetti le ampie spiegazioni che altrimenti ci aspetteremmo per la Trinità.

Ne vengono in mente quattro:

  • la difesa della messianicità di Gesù (l’obiettivo primario dei Vangeli, ad esempio Gv 20:31);
  • la giustificazione per fede (Ro 2-5; Ga 2-4; Ef 2-3; Fl 3);
  • l’etica alla luce dell’era del nuovo patto (Ro 12-14; 1 Co 3-14; Filemone; Giacomo);
  • la consumazione escatologica (Mr 13; 1 Te 5; 2 Te 2-3; 1 Co 15; Apocalisse).

Questi argomenti sono ai primi posti nella missione della chiesa e, pertanto, ricevono una maggiore elaborazione.

Uno studio attento di ciascuna di queste discussioni rivela come gli autori del Nuovo Testamento sostengano le loro argomentazioni con un modo di pensare trinitario. Per esempio, il solido insegnamento di Paolo sulla giustificazione in Romani implica l’estinzione dell’ira del Padre (Rm 1:18) attraverso la propiziazione offerta dal Figlio (3:25) applicata tramite la circoncisione del cuore da parte dello Spirito (2:29; 5:5). Gli autori del Nuovo Testamento possono non aver scritto esplicitamente a proposito della Trinità, ma il loro ragionamento è trinitario.

3. Mostrare invece di affermare

Infine, avvicinandosi al Dio trinitario come ad una realtà personale invece che come ad una tesi dottrinale, gli autori del Nuovo Testamento stanno semplicemente adottando l’approccio dei loro antenati dell’Antico Testamento.

Come ogni buon regista, l’Antico Testamento spesso mostra invece di dire esplicitamente. Ci sono, infatti, diverse dottrine che sono centrali nell’Antico Testamento, ma che ricevono poche trattazioni elaborate, come l’elezione e la preordinazione di Dio, la totale depravazione dell’uomo, l’espiazione sostitutiva, la dottrina della Scrittura e l’attesa messianica. Queste dottrine fondamentali emergono cumulativamente nelle storie, nelle leggi, nella poesia e nelle profezie di Israele: Mosè avrebbe potuto scrivere un saggio di 15 pagine, in stile teologico-sistematico, di ognuna di queste dottrine, ma si impegna invece a “mostrarle” attraverso le parole e le azioni auto-rivelatrici di Dio nella vita di Israele.  

Di questo dobbiamo essere grati. Piuttosto che avere, ad esempio, un singolo capitolo o un insieme di versetti che offrono queste verità fondamentali in modo freddo e arido, e in isolamento dal resto della Bibbia, per la nostra gioia possiamo vederle emergere ovunque e plasmare ogni cosa nelle Scritture.

Passando al Nuovo Testamento, questo approccio è chiaramente evidente per la Trinità. Potremmo pensare di ottenere risposte facili (o persino una valida analogia trinitaria!) se gli apostoli si fossero seduti a spiegarla una volta per tutte. Ma perderemmo la realtà personale del nostro Dio trinitario che è ovunque e che plasma ogni cosa.

Così come stanno le cose, possiamo essere grati di avere la possibilità di vedere la Trinità come il nostro Dio personale, e non solo come una dottrina, e di assaporarlo in ogni pagina, non solo in alcune.

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