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La vera leadership è sacrificio, non privilegio

Altro da David Mathis

E’ una delle più rivoltanti bugie che Satana sussurra alle orecchie della nostra generazione che gode di comodità e diritti.

Da molto prima di quanto si possa ricordare, siamo stati indottrinati in quasi ogni occasione all’idea che essere un “leader” significhi ottenere una medaglia d’oro. La leadership è una forma di riconoscimento, una sorta di realizzazione, la strada che porta al privilegio. Essere dichiarati un leader è come vincere un premio o essere annoverati tra le persone di talento.

La leadership è una forma di successo. E poiché puoi fare qualunque cosa sogni e puoi ottenere qualunque cosa ti sei prefisso, anche tu puoi essere un leader: a casa, al lavoro, nella tua comunità, nella chiesa. Perché dovresti accontentarti di meno di questo? La leadership significa privilegi, e nessun’altra generazione più della nostra si è considerata in diritto di godere di privilegi.

La bugia sulla leadership

L’interpretazione che il mondo dà della leadership è visibile nella nostra società, è sottintesa nella nostra adolescenza, ed è rafforzata durante le nostre elezioni politiche. La troviamo ovunque ci giriamo. Perché seguire se puoi guidare? Perché contribuire alla gloria di un altro quando invece puoi ottenerla per te stesso?

Per quanto nuovo e allettante possa sembrare, è un inganno molto antico. Dal giardino dell’Eden, alla storia d’Israele, al Medio Evo, alla nostra attuale concezione innata di leadership, il modo naturale, umano, peccaminoso di considerare la leadership è di essere il grande capo. Consideriamo la leadership come la scalata verso l’onore e il privilegio, anziché la discesa per occuparsi dei bisogni degli altri.

Uno dei chiari segni dell’influenza di Satana in una società — l’evidenza che il dio di questo mondo sta accecando i non credenti in massa — è che i leader signoreggiano su coloro di cui dovrebbero prendersi cura. La bugia può essere più evidente (e accettata) oggi rispetto al passato, ma non è per niente nuova.

Non per signoreggiare

La voce che ci chiama molto chiaramente al vero sentiero della leadership (intesa come sacrificio e non come privilegio) è quella di Gesù stesso. Egli mise duramente in guardia i suoi discepoli contro le autorità pagane e i capi religiosi dei suoi tempi che cercavano di sfruttare il popolo a loro beneficio, anziché servirlo.

“Voi sapete che i prìncipi delle nazioni le signoreggiano, e che i grandi le sottomettono al loro dominio. Ma non è così tra di voi; anzi, chiunque vorrà essere grande tra di voi, sarà vostro servitore; e chiunque tra di voi vorrà essere primo, sarà vostro servo; appunto come il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito ma per servire e per dare la sua vita come prezzo di riscatto per molti”. (Matteo 20:25–28; anche Marco 10:42–45)

Gesù ci chiama ad avere una prospettiva distintamente cristiana sulla leadership. E se queste parole di Gesù sulla natura della vera leadership non bastassero, egli le rese indimenticabili, la notte prima della sua morte, mettendosi in ginocchio con una bacinella e un asciugatoio in mano.

“Se dunque io, che sono il Signore e il Maestro, vi ho lavato i piedi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Infatti vi ho dato un esempio, affinché anche voi facciate come vi ho fatto io”. (Giovanni 13:14–15)

Sacrificarsi per la loro gioia

L’apostolo Pietro, che fu a guida degli apostoli come primo tra pari, suona la stessa chiara nota per una visione diversa della leadership nella chiesa. I pastori-anziani cristiani devono servire “non per obbligo, ma volenterosamente secondo Dio; non per vile guadagno, ma di buon animo; non come dominatori di quelli che vi sono affidati, ma come esempi del gregge” (1 Pietro 5:2–3).

Per un seguace di Gesù, la grandezza nella leadership non consiste nel numero di persone che hai sotto di te, ma da come sei guidato dallo Spirito Santo per compiere regolari e considerevoli sacrifici personali per servire i veri bisogni degli altri. La leadership cristiana, come John Piper l’ha definita, è “sapere dove Dio vuole che le persone siano e prendere l’iniziativa utilizzando i metodi di Dio per portarle lì facendo affidamento sulla potenza di Dio”. Prendere questo tipo di iniziativa è solitamente un altro modo per indicare il “sacrificio”. L’iniziativa ha un costo personale.

Qual è di preciso il bene in vista del quale i leader fedeli prenderanno l’iniziativa e faranno sacrifici? Secondo l’apostolo Paolo, è lavorare per la gioia di chi ci è stato affidato. “Noi non signoreggiamo sulla vostra fede, ma siamo collaboratori della vostra gioia, perché nella fede già state saldi” (2 Corinzi 1:24).

 

L’essenza della leadership è prendere l’iniziativa che altrimenti non avremmo preso e fare sacrifici che altrimenti non avremmo fatto

Leadership come sacrificio

La leadership cristiana, quindi, riguarda fondamentalmente il dare, non il prendere. I leader cristiani non sono individui superficiali e immaturi che cercano di puntellare se stessi con nuovi privilegi. Al contrario, sono uomini e donne che sono abbastanza sicuri, e abbastanza maturi, da svuotare se stessi per il bene di altri.

Ricordate questo, mariti e padri, pastori e presidenti. L’essenza della leadership è prendere l’iniziativa che altrimenti non avremmo preso e fare sacrifici che altrimenti non avremmo fatto, per guidare la nostra gente in una direzione buona che altrimenti loro non avrebbero preso. Siamo disposti ad accettare difficoltà personali temporanee per ottenere vantaggi collettivi duraturi. Siamo tra quanti stanno imparando che le gioie più grandi nella vita non consistono nel benessere e nella comodità personale, ma nello scegliere ciò che è scomodo e difficile per amore della gioia altrui. Stiamo imparando a trovare la nostra gioia non nell’agio del badare al nostro io, ma nella difficoltà di occuparsi degli altri.

La leadership cristiana (nella casa, nella chiesa e in altri ambiti) non è per chi vuole ottenere onore e riconoscimento, ma per quelli più pronti a mettersi in ginocchio e a scomodarsi per i bisogni degli altri. Essi sono quelli che, in un certo senso, hanno la loro casa sufficientemente in ordine per essere in grado di rivolgere la loro attenzione al servizio degli altri. Anziché cercare il loro tornaconto immediato, sono disposti a sacrificarsi per il bene altrui.

Come il Figlio dell’uomo, non guidiamo per essere serviti, ma per servire (Marco 10:45). Moriamo a noi stessi affinché altri possano vivere.

 


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