Uno dei versetti più confortanti del Nuovo Testamento è Ebrei 4:15 – “Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non possa simpatizzare con noi nelle nostre debolezze, poiché egli é stato tentato come noi in ogni cosa, senza commettere peccato”.
È confortante perché non identifica semplicemente Gesù come nostro sommo sacerdote, ma collega il suo sacerdozio alla compassione, nata dalla sua esperienza della tentazione umana. Quando affrontiamo delle prove, cerchiamo aiuto da qualcuno che ha fatto un percorso simile al nostro, qualcuno che può fornire prospettiva e speranza dalla sua propria esperienza. In materia di fede, questa compassione può fare l’estrema differenza tra perseverare e gettare la spugna.
Gesù, come nostro compassionevole sommo sacerdote, ci aiuta a perseverare nella vita cristiana (Ebrei 4:14). Dato che anche ora, come nostro sommo sacerdote risorto e asceso condivide con noi completamente la nostra umanità, può relazionarsi dall’interno con la debolezza della nostra condizione.
Parte di questa debolezza è la nostra capacità di essere tentati dal peccato. Dentro e fuori, conosciamo quotidianamente le tentazioni di questo mondo caduto, compreso come ci si sente ad arrendersi, mentre Ebrei insegna che Gesù fu tentato ma non cedette mai. Non peccò mai. Su questo Ebrei 4:15 è chiaro e su questo tutti i cristiani sono d’accordo.
Ma avrebbe potuto? Gesù avrebbe potuto peccare?
Questa domanda ha a che fare con ciò che i teologi chiamano peccabilità (capace di peccare) o impeccabilità (incapace di peccare) di Cristo. La preoccupazione, che è un bene, è se Gesù si sia pienamente identificato con noi nella sua umanità; ancora una volta, la domanda non è se abbia peccato. Ma dato che in realtà non ha peccato, in teoria avrebbe potuto?
Tre motivi per cui Gesù non poteva peccare
La domanda ha bisogno di una risposta negativa per tre ragioni, che chiamerò come: la sua Persona, il suo Paraclete e il suo Proposito.
1. La sua Persona
Ogni volta che osserviamo Gesù nei Vangeli, dobbiamo ricordare che questo è l’eterno Figlio di Dio che ha assunto una natura umana. Sì, ha due nature, ma quelle nature sono unite senza divisione o confusione all’interno di una persona. La natura umana del Figlio incarnato non è mai esistita separata dalla sua persona.
La seconda persona della Trinità ha assunto la nostra natura umana. Quella natura non agisce, perché le nature non agiscono; le persone lo fanno. E’ la seconda persona della Trinità che agisce. Se dovesse peccare nella capacità della sua natura umana, significherebbe che un membro della Trinità peccherebbe, cosa impossibile per il santo di Dio.
2. Il suo Paraclete
La parola Paraclete è, ovviamente, un riferimento allo Spirito Santo. Il fatto che il Figlio abbia assunto una natura umana è stato il risultato dello Spirito che ha adombrato la vergine Maria (Luca 1:35). Il Padre ha dato lo Spirito a Cristo «senza misura» (Giovanni 3:34). Fu unto dallo Spirito nel suo battesimo (Matteo 3:16). Ha sperimentato la comunione assoluta con lo Spirito durante tutta la sua vita umana sulla terra (Atti 10:38).
In armonia con il suo nome, lo Spirito Santo ha sempre guidato il Figlio incarnato attraverso sentieri santi di giustizia, anche quando quei sentieri si avventuravano nella via della tentazione.
3. Il suo Proposito
Secondo Efesini 1:3-5, la nostra salvezza scaturisce da un disegno eterno in cui il Padre, «secondo lo scopo della sua volontà», ci unisce eternamente al Figlio affinché diventi capo e mediatore di un popolo redento. In Giovanni 17:4 Gesù concorda con questo proposito: “Io ti ho glorificato sulla terra, avendo compiuto l’opera che mi hai dato da fare”.
In armonia con il suo nome, lo Spirito Santo ha sempre guidato il Figlio incarnato attraverso sentieri santi di giustizia.
Al centro di quell’opera non si trovava solo la sua obbedienza attiva come un secondo Adamo (Romani 5:12–21; 1 Corinzi 15:20–22, 45–49), ma anche la sua offerta di se stesso «mediante lo Spirito eterno . . . senza macchia a Dio» (Ebrei 9:14). Se Gesù Cristo avesse potuto peccare, il suo proposito nato nel piano eterno di Dio sarebbe stato messo in discussione.
Pertanto, la somma di queste tre ragioni non significa che le tentazioni che Gesù ha dovuto affrontare non fossero reali, perlomeno non nel modo in cui lo sono per te e per me?
Vere tentazioni, per noi
Cristo ha subito le tentazioni come nostro mediatore (Romani 8:2–4). Lo ha fatto al nostro posto, come nostro rappresentante. E nell’essere tentato, lo Spirito era attivo.
Considera le tentazioni nel deserto. Dopo essere stato unto dallo Spirito al suo battesimo, lo Spirito lo condusse nel deserto per essere tentato. Seppur Gesù non aveva una natura caduta, ovvero nessun desiderio decaduto lo tentava dall’interno, la tentazione arrivò con forza dall’esterno.
Seppur Gesù non aveva una natura caduta, ovvero nessun desiderio decaduto lo tentava dall’interno, la tentazione arrivò con forza dall’esterno.
Matteo 4:11 afferma che gli angeli lo servirono dopo gli assalti del Diavolo. Certamente questo era necessario perché le tentazioni nel deserto erano reali. Le tentazioni di Gesù non erano semplici “esercizi a vuoto”. Le provava. Le ha provate per noi.
Leon Morris ha notato che l’assenza di peccato accresce, non abbassa, la forza della tentazione:
L’uomo che cede a una particolare tentazione non ne ha sentito tutta la potenza. Ha ceduto mentre la tentazione ha ancora qualcosa in serbo. Solo l’uomo che non cede alla tentazione, che, per quanto riguarda quella particolare tentazione è senza peccato, conosce tutta la portata di quella tentazione.
Ogni giorno sentiamo le tentazioni. Come Adamo, troppo spesso facciamo affidamento su noi stessi e seguiamo la tentazione nel peccato. Grazie a Dio per un nuovo Adamo che, nel corso della sua lunga obbedienza, si è sempre affidato al Padre nella potenza dello Spirito e non ha mai ceduto. Proprio come il fallimento di Adamo è naturalmente nostro, la vittoria di Gesù sulla tentazione è soprannaturalmente nostra se, per grazia, ci affidiamo a Lui con fede.
Vera Umanità, per Noi
Un’obiezione comune all’impeccabilità di Cristo è che se Gesù non poteva peccare, questo renderebbe la sua umanità qualcosa in meno. Dopotutto, Adamo (il primo essere umano) poteva peccare, e (come sappiamo fin troppo bene) anche noi. Ma questa capacità è essenziale per la nostra umanità? Se viene tolta la capacità di peccare, questo ci rende meno umani?
Nella Scrittura ogni immagine di una vita umana piena ha l’assenza di peccato. Inoltre, la speranza eterna del cristiano è vivere senza peccato nei nuovi cieli e nella nuova terra. Il peccato non entrerà più, neppure potenzialmente, nella nostra esperienza, perché la santificazione sarà completa e la nostra natura umana glorificata (Romani 8:30). La macchia del vecchio Adamo sarà cancellata per sempre e sapremo cosa significa camminare con Dio come essendo pienamente umani e pienamente vivi.
Ogni immagine di una vita umana piena ha l’assenza di peccato.
Come Gesù, non saremo in grado di peccare, ma questo non rende quell’esperienza meno umana. Semmai, saremo più umani quando sperimenteremo le vette del nostro proposito creato in quanto amici del patto di Dio.
Gesù ha vissuto per primo questa vita. E grazie a Dio, lo ha fatto di fronte alle tentazioni. Pertanto, è per noi un sommo sacerdote che simpatizza, che fornisce da sé stesso la forza di cui abbiamo bisogno per “tenere salda la nostra confessione” fino al nostro ingresso nella pienezza della vita eterna.
Ringraziamo anche Dio che mentre il primo passo del Figlio è stato quello di diventare come noi, è stato per farci come lui. Lui è il modello supremo. Con la nostra umanità Gesù ha resistito a ogni tentazione affinché noi potessimo, come lui, dire di no al peccato.