Vi siete mai chiesti come il titolo “SIGNORE” sia arrivato a rappresentare il nome personale di Dio, YHWH? La domanda suona strana? Strano o no, per una serie di ragioni suggerisco di riconsiderare come si sia giunti alla traduzione italiana di YHWH.
Sicuramente la scelta tradizionale di rendere “YHWH” come “SIGNORE” o “DIO” è fondata. Ecco alcuni dei punti più importanti a favore della traduzione tradizionale:
- SIGNORE ha una base storica e teologica. È certamente una scelta antica: nella Septuaginta greca (ripresa poi nel NT) e nelle tradizioni latine, al posto di YWHW veniva usato l’equivalente di “signore” o “maestro”, uso riscontrabile anche nell’ebraico e nell’aramaico antichi. Alcuni suggeriscono che il primitivo rifiuto ebraico di pronunciare il nome YHWH fosse condiviso dai primi cristiani, e che noi dovremmo seguire il loro esempio.
- SIGNORE porta con sé delle implicazioni cristologiche, con gli autori del Nuovo Testamento che identificano Gesù con YHWH utilizzando lo stesso titolo usato nei testi greci dell’Antico Testamento. Durante e dopo le mie ultime due interazioni con i Testimoni di Geova, non c’era alcuna risposta all’osservazione secondo cui Gioele 2:32 (un testo riferito a YHWH) fosse applicato a Gesù in Romani 10:9-13.
- SIGNORE ha un valore culturale: “Il SIGNORE” è diventato un modo molto comune di rivolgersi a Dio. E SIGNORE evita di offendere gli amici ebrei e alcuni ebrei fratelli in Cristo che non pronunciano il nome di Dio.
- SIGNORE dà un effetto regale. Il termine aiuta a identificare Dio come Imperatore o Re.
Non sono costretto
Per una serie di ragioni (più di quante possa affrontarne qui) non sono costretto da questi e altri validi e preziosi argomenti a conservare l’approccio tradizionale. Ecco alcuni motivi, in ordine sparso.
- La nostra conoscenza dei motivi teologici dietro all’uso di kyrios, mara e theos per indicare YHWH nei primi manoscritti è una conoscenza limitata. Come mostra Jonathan Pennington nel suo libro Heaven and Earth in the Gospel of Matthew, la nostra consolidata convinzione che dietro all’uso del giro di parole “regno dei cieli” per indicare il “regno di Dio” ci sia un intento reverenziale andrebbe esaminata in modo critico (e poi abbandonata). Sembra certamente molto probabile che ci sia in gioco una circonlocuzione reverenziale quando vengono usate kyrios e altre parole per riferirsi a Yahweh. Tuttavia, il rifiuto potrebbe essere stato parziale piuttosto che totale. Bruce Metzger ha suggerito che i primi ebrei avessero preso le distanze dal pronunciare YHWH in parte per evitare l’apparenza di politeismo. Altri studiosi come James Barr ed Emanuel Tov hanno esortato alla cautela nel trarre conclusioni riguardanti motivazioni teologiche ed il ruolo che esse potevano ricoprire. Viene spesso trascurato che i nomi che usano Yah (la forma abbreviata di Yahweh) fossero ampiamente utilizzati nei nomi ebraici dell’epoca presa in considerazione: Giovanni e Ioanan, per esempio.
- Il valore cristologico di SIGNORE non viene perso utilizzando Yahweh. Tutto ciò che è vero quando parliamo della “cristologia di kyrios” (ad esempio la citazione di Gioele 2:32 in Romani 10:9-13) si potrebbe tranquillamente applicare alla “cristologia di Yahweh”. Inoltre facilitare le connessioni teologiche non è un principio comunemente accettato dalla traduzione contemporanea. La traduzione consiste nel comunicare accuratamente il significato di parole, frasi, nomi e concetti. E in ogni caso SIGNORE è troppo lontano da YHWH per poter stabilire un criterio stabile.
- C’è un’importante contro-obiezione: non sappiamo come fosse originariamente pronunciato YHWH. Quel che è certo è che Yahweh è un’approssimazione che non rappresenta esattamente il nome di Dio. La vocalizzazione originale è andata del tutto perduta. Tuttavia, sono approssimazioni anche molti degli adattamenti italiani delle parole ebraiche. Approssimiamo regolarmente la vocalizzazione di nomi come Mosè, Gesù, Maria, Pietro, Giacomo e Giovanni, e probabilmente questi si allontanano dagli originali non meno di quanto lo faccia Yahweh dalla vocalizzazione originale di YHWH (mi permetto la domanda provocatoria: fare ipotesi relative alla pronuncia è più o meno problematico che aggiungere “il” in centinaia di occasioni per facilitare l’uso di “Signore”?).
- Yahweh offre un vantaggio su SIGNORE: la coerenza nella scelta della traduzione. Le traduzioni inglesi, ad esempio, perdono coerenza quando la NIV (New International Version) e la ESV (English Standard Version) scrivono tutto maiuscolo “Dio” invece di “Signore” (“Lord GOD”). La NRSV (New Revised Standard Version) impiega “il SIGNORE sovrano” (“Sovereign LORD”), che manteiene coerenza, ma si risulta macchinoso e arcaico (ho personalmente un debole per il classico “SIGNORE dei Signori”).
- Sebbene la tradizione della Septuaginta sia importante, non è l’unica da tenere in considerazione. L’utilizzo nel Nuovo Testamento delle tradizionali traduzioni greche non ci ha impedito di usare l’ebraico per guidare la nostra traduzione dell’Antico Testamento laddove altre prove (aramaiche, copte, latine, ecc.) avessero suggerito che l’ebraico fosse più preciso.
- La mia preoccupazione di fondo è di natura estremamente pratica: come viene recepito il testo dai miei studenti, e quale traduzione consente al testo di depositarsi come dovrebbe? Nella mia esperienza, il patrimonio teopolitico e quello culturale si sono cancellati a vicenda. La saturazione culturale ha trasformato il titolo “il Signore” in un nome (il che non sorprende, dal momento che è proprio quello che stiamo traducendo), il che, secondo la mia esperienza, danneggia gravemente la sua capacità di imprimere un portato teopolitico nei credenti. Per loro stessa ammissione, i miei studenti e i miei parrocchiani raramente associano la parola SIGNORE alla regalità o al governo. Sia SIGNORE che Signore vengono recepiti come linguaggio religioso: semplici sinonimi vaghi di Dio, piuttosto che “il Nome di Dio” (YHWH) o “Imperatore”, “Maestro” o “Re”. Di conseguenza, nemmeno gli usi minuscoli di “Signore” riescono a trasmettere imperialità.
Anche se tendo a concepire la nostra come una cultura letteraria, in realtà siamo molto orali. In una settimana leggo o cito la Bibbia ad alta voce per altri, o la ascolto letta ad alta voce o citata per me, durante le devozioni familiari, le lezioni, la scuola domenicale, la liturgia e i sermoni, le discussioni in ufficio e le conversazioni informali. E, al giorno d’oggi, molte persone ascoltano la Bibbia o usano l’insegnamento della Bibbia in formato audio. Gran parte del resto della mia interazione con la Bibbia avviene nella mia testa, dove sto “ascoltando” testi, non li sto “vedendo” su una pagina.
Per citare solo alcuni passaggi: si provi a leggere Daniele 9:3-4, Salmo 110:1, o i versi di apertura e chiusura del Salmo 8 ad alta voce. Non c’è distinzione orale tra i diversi Signore/SIGNORE in questi passaggi. Di conseguenza, quasi ogni ascoltatore sentirà semplicemente l’equivalente di “Dio mio Dio” o “Dio ha detto al mio Dio”.
Al contrario, uno studente dopo l’altro viene a dirmi di capire molto meglio il testo se in un brano come Salmo 8:1 sente: “Oh Yahweh, nostro Maestro” o “Oh Yahweh, nostro Re” o “Yahweh nostro Sovrano” (e non sono i soli: anche il loro insegnante trova aiuto in tali approcci).
Troppo diffuso?
Le lettere maiuscole non portano a termine il lavoro (sebbene YAHWEH andrebbe anche bene per me, non stiamo parlando della difficoltà di digitare in maiuscoletto! I lettori possono provare ad indovinare cosa sia successo a questo formato complicato quando ho provato a copiare e incollare questo saggio in un’email). SIGNORE è spesso scritto senza maiuscolo in italiano, e molte lingue non hanno lettere maiuscole. In classe, dove la chiarezza conta (e dove non conta?!), è imbarazzante parlare di SIGNORE/Signore senza dire “Signore in maiuscoletto” o “SIGNORE tutto maiuscolo”. Quindi, come logica conseguenza, ho semplicemente fatto ricorso a Yahweh.
Mi chiedo se l’eccessiva diffusione (e la conseguente vaghezza) di SIGNORE e Signore abbia contribuito a rendere Yahweh un‘opzione sempre più popolare. Ho sentito decine (probabilmente centinaia) tra i miei colleghi studiosi e pastori usare Yahweh in classe, dai pulpiti e nei saggi consegnati alle conferenze. I musicisti cristiani lo utilizzano regolarmente (Phil Wickham, Chris Tomlin e “Yahweh” di Cities Apart). E poi c’è la famosa canzone degli U2.
Gli usi correnti influiscono sempre sulla traduzione, nel bene e nel male. Ci fanno conservare il “Giacomo” nella Bibbia (quando dovrebbe essere “Giacobbe”) e, ad esempio in inglese, Giuda è reso di volta in volta con “Jude”, “Judas” e “Judah”, quando sceglierne uno solo di questi sarebbe sufficiente a mantenere la coerenza. In casi come questo, penso che un cambiamento potrebbe guidarci in direzioni utili.
Sono d’accordo con la valutazione di Bruce Waltke: “Usare un titolo […] stabilisce con una persona una relazione meno intima rispetto ad usare il suo nome” (OT Theology, p. 11), e ciò è particolarmente vero se il nome e ogni suo significato sono andati del tutto perduti. Waltke opta per “IO SONO” in maiuscolo, e questa opzione mi piace.
Dal momento che conoscere e usare il nome di Dio è un enorme privilegio conferito al popolo del patto di Yahweh, non perdiamo qualcosa se perdiamo il nome di Dio?
Articolo apparso originariamente in lingua inglese su The Gospel Coalition.