Avevo solo 14 anni quando la morte improvvisa di mio cugino mi portò a questa conclusione: la vita è troppo breve per sprecarla. Da quel momento abbracciai la filosofia del carpe diem e dell’edonismo. Mi convinsi che il senso della vita fosse cercare il massimo piacere in tutto ciò che il mondo può offrire.
Per quindici anni ho vissuto così, inseguendo esperienze, soldi e successo. Ma quando finalmente avevo tutto, mi sentivo vuoto, senza gioia, schiavo di ciò che pensavo mi rendesse libero. E lì compresi: avevo sprecato la mia vita.
L’incontro che ha cambiato tutto
Fu allora che mi ricordai di Gesù Cristo, il Salvatore di cui avevo sentito parlare da bambino. Una sera, prima di un evento, gridai a lui con tutto il mio cuore. La sua risposta fu immediata. Quella notte sperimentai una gioia reale, un piacere profondo che non avevo mai provato.
E lì compresi: avevo sprecato la mia vita.
Per la prima volta capii che la vera felicità non si trova nelle cose di questo mondo, ma nella presenza di Dio. “Mi farai conoscere il sentiero della vita; c’è abbondanza di gioia alla tua presenza” (Salmo 16:11).
Da quel momento cominciò la mia ricerca del vero piacere, quello che si trova solo in Dio.
Un piacere migliore
La prima cosa che feci fu iniziare a leggere la Bibbia. Scoprii che Dio ci ha creati non per un piacere superficiale e momentaneo, ma per un piacere migliore, e che egli stesso è la fonte di questo piacere. Come dice il Salmo 34:8: “Gustate e vedete quanto è buono il Signore.”
E ancora nel Salmo 16:11: “C’è abbondanza di gioia alla tua presenza; alla tua destra vi sono delizie in eterno.” Capii così che la chiamata di Gesù a ravvedersi e a credere nel Vangelo era, in realtà, una chiamata a rinunciare a un piacere falso e temporaneo, quello del peccato, per abbracciare un piacere migliore: il piacere di godere della comunione con Dio per mezzo di Cristo.
La scelta di Mosè
Uno dei brani che più ha segnato la mia vita è la testimonianza di Mosè in Ebrei 11:24-26: “Per fede Mosè, fattosi grande, rifiutò di essere chiamato figlio della figlia del faraone, preferendo essere maltrattato con il popolo di Dio che godere per breve tempo i piaceri del peccato.”
Una scelta sconvolgente: Mosè rinunciò non solo alla sua posizione di principe d’Egitto, ma preferì la sofferenza con il popolo di Dio a un piacere temporaneo e ingannevole.
La nostra cultura occidentale ci spinge a credere che abbiamo una sola vita e dobbiamo viverla al massimo, inseguendo fama, successo e ricchezze. Ma la fede, dono di Dio, ci apre gli occhi su una realtà più profonda: c’è di più! Infatti, il capitolo 11 della lettera agli Ebrei inizia così: “Or la fede è certezza di cose che si sperano, dimostrazione di realtà che non si vedono”. Queste “realtà che non si vedono” non sono idee astratte, ma le promesse future di Dio: realtà ancora non visibili, ma sicure perché fondate sulla sua fedeltà. Mosè fu spinto a fare una scelta così radicale perché si fidava della fedeltà di Dio; ecco perché la sua fede era “certezza” e “dimostrazione”.
Questo tipo di fede non è qualcosa che possiamo creare noi, ma è qualcosa che Dio crea in noi attraverso Gesù. Infatti l’autore di Ebrei fa questa dichiarazione: “Gesù è colui che crea la fede e la rende perfetta” (12:2). Perciò è mentre “fissiamo lo sguardo su di lui”, che è l’adempimento di tutte le promesse fatte da Dio Padre, che possiamo essere spinti quotidianamente a fare scelte radicali (come Mosè) che ci portano ad onorare Dio e trovare gioia nel farlo anche quando sono scelte umanamente difficili.
Fare una scelta oggi
Il punto è questo: un falso piacere momentaneo non può essere paragonato al vero piacere eterno. E allora la domanda è inevitabile: cosa preferisci? Essere maltrattato con il popolo di Dio, identificandoti in questo modo con Cristo nella sua sofferenza, godendo della sua pace, gioia e gloria eterna? Oppure godere per breve tempo i piaceri del peccato, che alla fine conducono al tormento eterno? Mosè stimò “gli oltraggi di Cristo ricchezza maggiore dei tesori d’Egitto, perché aveva lo sguardo rivolto alla ricompensa” (Ebrei 11:26).
Quando mi sono convertito, 15 anni fa, la mia rinuncia ai “tesori d’Egitto” significò lasciare la fama e il successo come organizzatore di serate a Bologna, credendo che Dio avesse per me qualcosa di meglio che godere per breve tempo dei piaceri effimeri del peccato.
E allora la domanda è inevitabile: cosa preferisci?
Significò anche abbandonare il mio comfort, le cene costose, il sesso occasionale, per abbracciare una gioia più profonda: il privilegio di servire Cristo e la sua chiesa, e condividere la sua gioia eterna con la mia città, anche a costo di essere deriso. La vita cristiana, infatti, non è una rinuncia al piacere, ma una rinuncia a un piacere falso e momentaneo per ottenere un piacere migliore: conoscere Cristo e godere di lui per sempre.
La motivazione che ci serve
Cosa motivò Mosè a fare una scelta tanto radicale? La promessa della ricompensa eterna: vedere colui che è invisibile e godere della sua presenza per sempre, senza più ostacoli, peccato o morte. Solo gioia infinita, contemplando lo splendore della sua gloria senza esserne consumato. E quello splendore, come leggiamo in Ebrei 1:3, è Cristo, Colui che ha sopportato l’infamia della croce per renderci partecipi di questa gioia eterna.
La vera gioia non si trova nel successo, nella libertà apparente o nei piaceri del mondo, ma nel piacere più grande di tutti: conoscere e amare Cristo, e godere di lui per sempre.
La vita cristiana, infatti, non è una rinuncia al piacere, ma una rinuncia a un piacere falso e momentaneo per ottenere un piacere migliore.
Ora come facciamo ad ottenere questa ricompensa? Per la sola fede nell’eterno Figlio di Dio Gesù, il nostro Sommo Sacerdote, che intercede in eterno per noi, davanti al trono della grazia di Dio. Infatti, la fede ci spinge a dire no al peccato, quando a causa delle nostre debolezze ci troviamo in situazioni che si stanno compromettendo; è la fede a mostrarci che Cristo è meglio dei piaceri del peccato. Ed è sempre la fede che ci spinge a confessare i nostri peccati anche se questo significherà perdere la propria reputazione, perché ci ricorda che Cristo è meglio degli elogi delle persone attorno a noi.
“C’è abbondanza di gioia alla tua presenza; alla tua destra vi sono delizie in eterno.” (Salmo 16:11)
DISCLAIMER: Questo contenuto esprime le posizioni e sensibilità dell’autore.
NOTA: Questo articolo è protetto da copyright. Ti preghiamo di guardare la pagina Autorizzazioni per eventuali utilizzi