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Chi è Melchisedec?

Nonostante sia una delle figure meno citate e più oscure dell’Antico Testamento, Melchisedec, il re-sacerdote di Salem, è fondamentale per comprendere come Gesù occupi i ruoli di re e sacerdote, un duplice onore che trova pochi precedenti, se non addirittura nessuno, tra i re israeliti.

Ma chi è esattamente questa misteriosa figura? In che modo questo ordine dinastico ci aiuta a comprendere meglio la natura del ruolo sia regale che sacerdotale di Cristo?

Il Re che imbandisce la tavola

Melchisedec ha un’importanza sproporzionata nella storia della redenzione rispetto alla quantità di spazio a lui dedicato nella Bibbia. Il suo nome letteralmente significa “re di giustizia”, ed è al governo della città di Salem (o “shalom”, che significa pace cosmica e armoniosa).

Nei tre versetti che descrivono la sua vita e il suo ministero (Ge 14:18-20), ci viene presentata l’autorità di Melchisedec come re di Salem e “sacerdote del Dio Altissimo”. Egli parla di Dio sia come Creatore che come Liberatore. Offre persino “pane e vino” ad Abramo dopo la sua vittoria in battaglia sui suoi nemici. In risposta Abramo, dandogli la decima parte di ogni cosa, paga la decima a Melchisedec, rafforzando così il significato spirituale di quest’ultimo. L’allusione evangelica al sacramento della comunione non dovrebbe passare inosservata

L’anticipazione di un re migliore

Il Salmo 110, il più citato nel Nuovo Testamento, merita una particolare attenzione per apprezzare l’esecuzione da parte di Cristo delle cariche di re e sacerdote. Il re Davide scrisse questo salmo per un futuro re, forse Salomone prima della sua ascesa al trono nel 971 aC, o per una futura figura messianica che fosse discesa dalla sua stirpe.

Il salmo inizia dichiarando che questo futuro re riceverà un onore, un potere e un’autorità maggiori di qualsiasi altro re umano prima di lui: siede alla destra di Yahweh, il luogo di più alto onore, come vice-reggente e rappresentante di Yahweh (110:1). In quanto tale, trae la sua autorità da Yahweh stesso, ed esercita il suo dominio regale che ha come conseguenza la sottomissione dei nemici del re (110:2), nonché nella protezione del suo regno e del suo popolo (110:3). 

Ma questa figura messianica non è solo un re: è anche un sacerdote dell’ordine di Melchisedec (110:4). In un certo senso, questo non rappresenta niente di nuovo. I re davidici intrapresero funzioni “sacerdotali” come guidare il culto, la preghiera collettiva e l’offerta di sacrifici in occasioni speciali al di fuori della tradizione levitica.

Tuttavia questo versetto elabora ulteriormente le funzioni sacerdotali della dinastia davidica in una relazione in piena regola con la linea dinastica dei re-sacerdoti gebusei che un tempo dominavano Gerusalemme. Di conseguenza la dinastia davidica può rivendicare il sostegno divino per il suo governo sulla Terra Promessa, un adempimento della benedizione di Melchisedec su Abramo in Genesi 14:18–20.

I versetti 5–6 sono paralleli ai versetti 2–3 nella relazione di Yahweh con il re davidico. In particolare, mentre il re siede alla destra di Yahweh nel versetto 1, Yahweh sta accanto al re nel versetto 5, ponendo l’attenzione sulla protezione e sul sostegno divini. E mentre i versetti 2–3 ritraggono il re come protagonista in battaglia, i versetti 5–7 ritraggono Yahweh come il protagonista, o il Guerriero Divino, che aiuta il re a sconfiggere i suoi nemici a livello individuale, collettivo e universale (“giudica i popoli”, “in un vasto territorio” e così via).

Questo amplia notevolmente il dominio israelita originale, indicando che questi re nemici rappresentano i poteri cosmici del caos che, nell’interesse di Israele e di tutte le altre nazioni, vengono sconfitti da Yahweh tramite il suo ultimo Re-Sacerdote dell’ordine di Melchisedec . In altre parole, l’applicazione della salvezza di Yahweh si estende da quella delle anime individuali a quella dei corpi fisici, dei sistemi collettivi e dei poteri cosmici.

Infine il salmo si conclude con il Signore che si disseta ad un torrente (110,7). Sebbene inizialmente questo versetto possa sembrare strano, ritrae Yahweh come un simpatizzante della condizione umana. 

Melchisedec: l’eterno re-sacerdote

Nel Nuovo Testamento, lo scrittore di Ebrei eleva il profilo di Melchisedec a una figura di Cristo pre-incarnato. Melchisedec è eterno, “senza padre, senza madre” e, “ reso simile quindi al Figlio di Dio, egli rimane sacerdote in eterno” (Ebrei 7:3). Anche la decima di Abramo a Melchisedec conferma la sua grandezza (Ebrei 7:4). 

Seguendo Melchisedec, Gesù è il vero re di giustizia (“Melchisedec”) che ha vissuto la vita perfetta che nessun essere umano avrebbe mai potuto vivere. Gesù è anche il vero re della pace (Salem) che è venuto sulla terra per portare la pace attraverso la sua morte sacrificale e la sua risurrezione. Gesù è inoltre “sacerdote in eterno secondo l’ordine di Melchisedec” (Ebrei 7:17) e non per stirpe levitica (Ebrei 7:14), rendendo così superiore il suo sacerdozio (Ebrei 7:11). 

Di conseguenza “Gesù è divenuto garante di un patto migliore del primo” (Ebrei 7:22). “Poiché rimane in eterno, ha un sacerdozio che non si trasmette” (Eb 7:24), “perció egli puó salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio, dal momento che vive sempre per intercedere per loro” ( Ebrei 7:25).

In questo modo i credenti possono riposare sapendo che Gesù è il Re perfetto che governa con potenza e giustizia infinite. Sono inoltre confortati dal fatto che Gesù sia il perfetto Sacerdote che offre servizio con infinita misericordia e che simpatizza con noi nelle nostre debolezze (Ebrei 4:15).

Come risultato della nostra unione con Cristo, come credenti ci viene ricordata la nostra chiamata “melchisediana” ad espandere il suo regno attraverso la verità e la giustizia come membri della famiglia reale di Dio, e ad essere un canale di misericordia e guarigione per la comunità del patto così come per il resto del mondo.

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