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Preambolo

Preambolo: il vangelo per tutta la vita

Siamo una comunione di chiese evangeliche profondamente impegnata sia nel rinnovamento della nostra fede nel vangelo di Gesù Cristo sia nel riformare i nostri ministeri per conformarli pienamente alle Scritture. Siamo profondamente preoccupati per alcuni movimenti sorti all’interno dell’evangelicalismo tradizionale che sembrano sminuire la vita di chiesa e condurci lontano dalle nostre storiche confessioni di fede e pratiche. Da una parte, siamo preoccupati dall’idolatria del consumismo personale e dalla politicizzazione della fede; dall’altra, siamo angosciati dall’incontestata accettazione del relativismo teologico e morale. Questi movimenti hanno portato ad abbandonare con superficialità le verità bibliche e la santità di vita prescritte dalla nostra fede storica. Non solo abbiamo sentito parlare di queste influenze, ma vediamo i loro effetti. Ci siamo impegnati in prima persona a rinvigorire le chiese con nuova speranza e gioia avvincente, fondandoci sulle promesse ricevute per la sola grazia tramite la sola fede nel solo Cristo.

Siamo una comunione di chiese evangeliche profondamente impegnata sia nel rinnovamento della nostra fede nel vangelo di Gesù Cristo sia nel riformare i nostri ministeri per conformarli pienamente alle Scritture.

Crediamo che in molte chiese evangeliche esista un profondo e ampio consenso riguardo alle verità del vangelo. Tuttavia, spesso vediamo la celebrazione della nostra unione con Cristo sostituita dalle vecchie tentazioni del potere e del denaro, oppure da una fuga di tipo monastico in forme rituali, liturgiche e sacramentali. Tutto ciò che sostituisce il Vangelo non potrà mai promuovere una fede incentrata sulla missione, ancorata su verità eterne, che si esprime in uno zelante discepolato e che è pronta a sopportare le prove e i sacrifici derivanti dalla chiamata a partecipare al regno di Dio. Vogliamo perseverare nella via del Re, difendendo pubblicamente il vangelo, sempre pronti a fornire incoraggiamento e istruzione affinché sia i conduttori di chiesa di questa generazione sia quelli della prossima generazione siano meglio equipaggiati per il ministero, con principi e pratiche che glorifichino il Salvatore e contribuiscano al bene di coloro per i quali egli ha sparso il proprio sangue.

Desideriamo generare un impegno unificato tra tutti i popoli: un impegno zelante per onorare Cristo e moltiplicare i suoi discepoli, partecipando insieme ad una vera coalizione per Gesù. Una tale missione unita, fondata sulla Bibbia, costituisce l’unico futuro durevole per la chiesa. Questa realtà ci costringe ad unirci a coloro che sono motivati dalla convinzione secondo cui la misericordia di Dio in Gesù Cristo è la nostra unica speranza per la salvezza eterna. Desideriamo sostenere questo vangelo con chiarezza, compassione, coraggio e gioia, legati lietamente e profondamente a credenti di diverse denominazioni, etnie e classi sociali.

Il nostro desiderio è di servire la chiesa che amiamo, invitando tutti i nostri fratelli e tutte le nostre sorelle a unirsi a noi in questo sforzo di rinnovamento della chiesa contemporanea nell’antico vangelo di Cristo, affinché possiamo parlare, vivere e comunicare per Cristo in modo davvero significativo nella nostra epoca. Come pastori, intendiamo realizzare tutto ciò mediante gli strumenti ordinari della sua grazia: la preghiera, la predicazione della Parola di Dio, il battesimo e la cena del Signore, e la comunione dei santi. Bramiamo di operare con tutti quelli che, oltre ad abbracciare la confessione di fede e la dichiarazione di visione che presentiamo qui, ricercano la signoria di Cristo in ogni sfera della vita e confidano senza vacillare nella potenza dello Spirito Santo di trasformare individui, comunità e culture. Di seguito potrete leggere la nostra confessione di fede e la nostra visione teologica per il ministero: una visione radicata nelle Scritture e centrata sul vangelo.

Confessione di fede

Confessione di fede

  1. Il Dio uno e trino. Crediamo in un solo Dio che esiste eternamente in tre Persone ugualmente divine: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo i quali si conoscono, si amano e si glorificano a vicenda. Questo Dio unico vero e vivente è infinitamente perfetto sia nel suo amore sia nella sua santità. Egli è il Creatore di tutte le cose, visibili e invisibili, ed è quindi degno di ricevere tutta la gloria e tutta l’adorazione. Essendo eterno e immortale, egli conosce perfettamente e completamente la fine sin dal principio, sostiene e governa in modo sovrano tutte le cose, portando provvidenzialmente a compimento i suoi buoni propositi eterni per redimere un popolo per se stesso e per restaurare la sua creazione decaduta, a lode della sua gloriosa grazia.
  2. La rivelazione. Dio ha rivelato per grazia la sua esistenza e la sua potenza nell’ordine creato, e ha supremamente rivelato se stesso all’umanità decaduta nella persona del suo Figlio, la Parola incarnata. Inoltre, Dio è un Dio che parla e che per mezzo del suo Spirito ha rivelato se stesso per grazia con parole umane: crediamo che Dio ha ispirato le parole preservate nelle Scritture – i sessantasei libri che compongono l’Antico e il Nuovo Testamento – le quali sono sia testimonianza che strumento della sua opera salvifica nel mondo. Solo questi scritti costituiscono la Parola di Dio verbalmente ispirata, la quale è pienamente autorevole e senza errori negli scritti originali, completa nella rivelazione della volontà divina per la salvezza, sufficiente per tutto quello che Dio ci comanda di credere e di fare, e finale nella sua autorità in tutte le sfere del sapere a cui parla. Confessiamo che sia la nostra finitudine sia la nostra peccaminosità ci precludono la possibilità di conoscere in maniera esaustiva le verità di Dio, ma affermiamo che, illuminati dallo Spirito di Dio, possiamo conoscere in maniera vera la verità rivelata da Dio. Dobbiamo credere tutto quello che la Bibbia insegna, in quanto è l’insegnamento di Dio; dobbiamo obbedire a tutto quello che la Bibbia comanda, in quanto è il comandamento di Dio; e dobbiamo porre la nostra fiducia in tutto quello che la Bibbia promette, in quanto è la promessa di Dio. Nell’ascoltare, nel credere e nel praticare la Parola, il popolo di Dio viene equipaggiato per essere discepoli di Cristo e testimoni del vangelo.
  3. La creazione dell’umanità. Crediamo che Dio creò gli essere umani – maschio e femmina – a sua immagine. Adamo ed Eva appartenevano a quell’ordine creato che Dio stesso dichiarò essere molto buono, e servivono come i rappresentanti di Dio per custodire, amministrare e governare la creazione, vivendo in una santa e devota comunione con il loro Creatore. Gli uomini e le donne, ugualmente creati a immagine di Dio, godono dello stesso accesso a Dio mediante la fede in Gesù Cristo, e tutt’e due sono chiamati ad abbandonare l’egoismo passivo per impegnarsi in modo significativo, privatamente e pubblicamente, nella famiglia, nella chiesa e nella società. Adamo ed Eva furono creati per complementarsi a vicenda e la loro unione in una stessa carne stabilisce l’unico paradigma normativo di rapporti sessuali per uomini e donne, al punto che il matrimonio serve in ultima analisi come “tipo” (ossia figura) dell’unione tra Cristo e la sua chiesa. Secondo i saggi proponimenti di Dio, uomini e donne non sono semplicemente intercambiabili, piuttosto sono tra loro complementari in modo da arricchirsi reciprocamente. Dio dispone che essi assumano ruoli distinti che riflettano la relazione d’amore tra Cristo e la chiesa: il marito esercita leadership in un modo che mostra l’amore di Cristo, premuroso e pronto Confessione al sacrificio; e la moglie si sottomette al marito in un modo che mostra l’amore della chiesa per il suo Signore. Nel suo ministero, la chiesa dovrebbe incoraggiare e preparare sia uomini che donne a servire Cristo, secondo il loro pieno potenziale, negli svariati ministeri del popolo di Dio. Il ruolo distintivo della leadership della chiesa affidato a uomini idonei è fondato sulle dottrine della creazione, della caduta e della redenzione, e non lo si deve mettere da parte appellandosi a cambiamenti culturali.
  4. La caduta. Crediamo che Adamo, creato a immagine di Dio, distorse quell’immagine e rinunciò alla beatitudine originaria— sia per se stesso che per tutta la sua progenie—cadendo nel peccato per mezzo della tentazione di Satana. Di conseguenza, tutti gli esseri umani sono alienati da Dio, corrotti in ogni parte del loro essere (p.e., dal punto di vista fisico, mentale, volitivo, emotivo, spirituale) e condannati alla morte in modo definitivo e irrevocabile, se Dio stesso non interviene nella sua grazia. Il supremo bisogno di ogni essere umano è di essere riconciliato con Dio, essendo tutti noi sotto la sua giusta e santa ira; l’unica speranza di ogni essere umano è l’amore immeritato di questo medesimo Dio, il quale è l’unico che può salvarci e restaurarci a se stesso.
  5. Il piano di Dio. Crediamo che da tutta l’eternità Dio ha determinato, nella sua grazia, di salvare una grande moltitudine di peccatori colpevoli di ogni tribù, lingua, popolo e nazione, e che a questo fine li ha preconosciuti e li ha eletti. Crediamo che Dio giustifica e santifica coloro che per grazia ripongono la propria fede in Gesù, e che un giorno li glorificherà, tutto a lode della sua gloriosa grazia. Nel suo amore Dio ordina e implora a tutti di ravvedersi e di credere, avendo posto il suo amore salvifico su quelli che ha scelto, e avendo determinato che Cristo fosse il loro redentore.
  6. Il vangelo. Crediamo che il Vangelo è la buona novella relativa a Gesù Cristo—la stessa sapienza di Dio. Pura pazzia per il mondo, anche se è la potenza di Dio per coloro che vengono salvati, questa buona novella è cristologica, ossia fondata sulla croce e sulla resurrezione di Cristo: il vangelo non è proclamato se Cristo non è proclamato, e l’autentico Cristo non è proclamato se la sua morte e la sua risurrezione non sono centrali (il messaggio è che «Cristo morì per i nostri peccati… [ed] è stato risuscitato»). Questa buona novella è biblica (la morte e la risurrezione di Cristo sono secondo le Scritture), teologica e salvifica (Cristo morì per i nostri peccati, per riconciliarci con Dio), storica (se questi eventi salvifici non sono davvero accaduti, la nostra fede è vana, siamo ancora nei nostri peccati, e siamo i più miseri fra tutti gli uomini), apostolica (il messaggio fu affidato agli apostoli e da loro trasmesso, essi che furono testimoni di questi eventi salvifici) e profondamente personale (quando questo messaggio è ricevuto, creduto e confessato con fermezza persone individuali sono salvate).
  7. La redenzione di Cristo. Crediamo che, motivato dall’amore e dall’obbedienza verso il Padre, l’eterno Figlio di Dio divenne umano: la Parola diventò carne, pienamente Dio e pienamente uomo, una sola Persona in due nature. L’uomo Gesù, il Messia promesso di Israele, fu concepito per un’opera miracolosa dello Spirito Santo, e nacque dalla vergine Maria. Egli obbedì perfettamente al Padre celeste, visse una vita senza peccato, compì segni miracolosi, fu crocifisso sotto Ponzio Pilato, risuscitò corporalmente dai morti il terzo giorno, e ascese al cielo. Egli è seduto alla destra di Dio Padre quale Re e Mediatore ed esercita in cielo e in terra tutta la sovranità di Dio, ed è nostro sommo sacerdote e avvocato giusto. Crediamo che mediante la sua incarnazione, vita, morte, risurrezione e ascensione, Gesù Cristo fu nostro rappresentate e sostituto, e fece tutto questo affinché in lui noi diventassimo giustizia di Dio: sulla croce cancellò il peccato, propiziò Dio e, caricandosi della totale pena dei nostri peccati, riconciliò con Dio tutti quelli che credono. Per mezzo della risurrezione Gesù Cristo fu dimostrato giusto e innocente dal Padre, spezzò il potere della morte e sconfisse Satana che una volta aveva il potere sulla morte, e portò vita eterna a tutti i suoi; per mezzo della sua ascensione egli fu esaltato in eterno come Signore e ha preparò un luogo per noi dove saremo con lui. Crediamo che la salvezza non si trova in nessun altro, perché non è stato dato altro nome sotto il cielo per mezzo del quale dobbiamo essere salvati. Siccome Dio ha scelto le cose umili del mondo, le cose disprezzate, le cose che non sono, per ridurre al niente le cose che sono, nessun essere umano potrà mai vantarsi davanti a lui: Gesù Cristo è diventato per noi sapienza di Dio, ossia nostra giustizia, santità e redenzione.
  8. La giustificazione dei peccatori. Crediamo che Cristo, per mezzo della sua obbedienza e della sua morte, pagò completamente il debito di tutti coloro che sono giustificati. Per mezzo del suo sacrificio portò al nostro posto il castigo dovutoci per i nostri peccati, compiendo per conto nostro una soddisfazione giusta, reale, e piena nei riguardi della giustizia di Dio. Per mezzo della sua obbedienza perfetta soddisfece i giusti precetti di Dio al nostro posto, in quanto per mezzo della sola fede quella perfetta obbedienza è accreditata a tutti coloro che confidano solo in Cristo per essere accettati da Dio. Poiché Cristo fu dato dal Padre per noi, e siccome la sua obbedienza e punizione furono accettate per noi – gratuitamente, e non per qualcosa in noi – questa giustificazione è solo per grazia gratuita, affinché nella giustificazione dei peccatori siano glorificate sia l’ineccepibile giustizia di Dio sia la sua ricca grazia. Crediamo che dalla realtà di questa giustificazione gratuita scaturisce lo zelo per l’obbedienza personale e pubblica.
  9. La potenza dello Spirito Santo. Crediamo che questa salvezza, attestata in tutte le Scritture e assicurata da Gesù Cristo, è applicata al popolo di Dio mediante lo Spirito Santo. Mandato dal Padre e dal Figlio, lo Spirito Santo glorifica il Signore Gesù Cristo e, essendo l’«altro» Paraclete (ossia Consolatore), è presente con i credenti ed anche in essi. Egli convince il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio, e per mezzo della sua misteriosa e potente opera rigenera i peccatori spiritualmente morti, risvegliandoli al ravvedimento e alla fede, e in lui essi sono battezzati nell’unione con il Signore Gesù, così che siano giustificati dinanzi a Dio per la sola grazia mediante la sola fede nel solo Gesù Cristo. Per mezzo dell’opera dello Spirito i credenti sono rinnovati, santificati e adottati nella famiglia di Dio; sono partecipi della natura divina e ricevono i doni spirituali che Dio elargisce sovranamente. Lo Spirito Santo è egli stesso la caparra dell’eredità promessa, e in quest’epoca egli dimora, guida, istruisce, equipaggia, risveglia e potenzia i credenti affinché vivano e servano in somiglianza con Cristo.
  10. Il regno di Dio. Crediamo che coloro i quali sono stati salvati per la grazia di Dio mediante l’unione con Cristo per fede e mediante la rigenerazione dello Spirito Santo entrano nel regno di Dio e si dilettano nelle benedizioni del nuovo patto: il perdono dei peccati, la trasformazione interiore che risveglia un desiderio di glorificare Dio, di confidare in lui e di obbedirlo, e la promessa della gloria che deve ancora essere rivelata. Le buone opere costituiscono l’indispensabile evidenza della grazia salvifica. Vivendo come sale in un mondo in decadimento e come luce in un mondo ottenebrato, i credenti non devono né segregarsi dal mondo né confondersi con esso: siamo piuttosto chiamati a “fare del bene alla città” [cfr. Ger. 29:7], poiché tutto l’onore e la gloria delle nazioni devono essere offerti al Dio vivente. Riconoscendo a chi appartiene l’ordine creato ed essendo cittadini del regno di Dio, dobbiamo amare il nostro prossimo come noi stessi, facendo del bene a tutti, specialmente a coloro che appartengono alla famiglia di Dio. Il regno di Dio, già presente ma non completamente realizzato, è l’esercizio della sovranità di Dio nel mondo in vista della futura redenzione di tutta la creazione. Il regno di Dio è una potenza invasiva che saccheggia il regno tenebroso di Satana, e rigenera e rinnova per mezzo del ravvedimento e della fede le vite degli individui liberati da quel regno. Perciò il regno di Dio inevitabilmente stabilisce una nuova comunità della vita umana unita sotto il controllo di Dio.
  11. Il nuovo popolo di Dio. Crediamo che il popolo di Dio del nuovo patto è già venuto alla Gerusalemme celeste; sono già seduti con Cristo nei luoghi celesti. Questa chiesa universale si manifesta in chiese locali di cui Cristo è il solo Capo; così ogni “chiesa locale” è, di fatto, la chiesa, la casa di Dio, l’assemblea del Dio vivente, colonna e sostegno della verità. La chiesa è il corpo di Cristo, la pupilla del suo occhio, colei che è scolpita sulle sue mani ed a cui egli ha promesso se stesso per sempre. La chiesa si distingue per il suo messaggio del vangelo, per i suoi sacri “ordinamenti”, per la sua disciplina, per la sua grande missione e, soprattutto, per il suo amore verso Dio, e per l’amore dei suoi membri, sia gli uni verso gli altri sia verso il mondo. Questo vangelo che noi teniamo caro ha sia dimensioni personali che dimensioni collettive, e nessuna delle due deve essere trascurata. Gesù Cristo è la nostra pace: egli non ha solo portato pace tra noi e Dio, ma anche tra popoli che erano alienati tra loro. Il suo proponimento era di creare in se stesso una sola nuova umanità, facendo così la pace, e di riconciliare a Dio in un solo corpo sia l’ebreo che il gentile tramite la croce, per mezzo della quale ha fatto morire la loro inimicizia. La chiesa serve come segno del futuro nuovo mondo di Dio quando i suoi membri vivono per servire gli uni gli altri e il loro prossimo, piuttosto che essere assorbiti dal proprio io. La chiesa è il luogo comunitario dove dimora lo Spirito di Dio, e costituisce la durevole testimonianza di Dio nel mondo.
  12. Il battesimo e la cena del Signore. Crediamo che il battesimo e la cena del Signore sono stati ordinati dal Signore Gesù stesso. Il primo è collegato con l’ingresso nella comunità del nuovo patto, il secondo con il continuo rinnovamento del patto. Insieme sono simultaneamente il pegno di Dio verso di noi, strumenti di grazia divinamente stabiliti, la nostra pubblica professione di sottomissione al Cristo una volta crocifisso e ora risorto, e delle anticipazioni del suo ritorno e della consumazione di tutte le cose.
  13. La restaurazione di tutte le cose. Crediamo nel ritorno personale, glorioso e corporale del nostro Signore Gesù Cristo, assieme ai suoi santi angeli, quando egli eserciterà le sue prerogative di Giudice supremo e il suo regno giungerà a compimento. Crediamo nella resurrezione corporale dei giusti e degli ingiusti: gli ingiusti per un giudizio eterno e conscio all’inferno, come il nostro Signore stesso ha insegnato, e i giusti per un’eterna beatitudine alla presenza di colui che siede sul trono e dell’Agnello, nei nuovi cieli e nella nuova terra dove abita la giustizia. In quel giorno la chiesa sarà presentata senza difetto davanti a Dio mediante l’obbedienza, la sofferenza e il trionfo di Cristo, con tutto il peccato pagato e i suoi miserabili effetti cancellati per sempre. Dio sarà tutto in tutti e il suo popolo sarà incantato dall’immediatezza della sua ineffabile santità, e tutto sarà a lode della sua gloriosa grazia.

Visione

Questa non è una sintesi del nostro credo dottrinale (si veda la Confessione di fede), bensì una dichiarazione del modo in cui intendiamo espletare il ministero cristiano ed interagire con la nostra cultura allinsegna della fedeltà biblica e teologica.

I. Come dovremmo rispondere alla crisi culturale relativa alla verità? (La questione epistemologica)

Per alcuni secoli, dallinizio dellilluminismo, la convinzione generale era che la verità – espressa in parole che sostanzialmente corrispondevano alla realtà – esista veramente e possa essere conosciuta. Si riteneva che la ragione umana, senza alcun tipo di aiuto, sia in grado di conoscere la verità in modo oggettivo. Più recentemente, il postmodernismo ha passato al vaglio questo insieme di presupposizioni, sostenendo che nella nostra ricerca della conoscenza non siamo in realtà oggettivi; piuttosto interpretiamo le informazioni ricevute attraverso le nostre esperienze personali, i nostri interessi, le nostre emozioni, i nostri pregiudizi culturali, le nostre limitazioni linguistiche e le nostre comunità relazionali. Il postmodernismo afferma che la pretesa di oggettività è arrogante, e che conduce inevitabilmente a conflitti tra quelle comunità che hanno opinioni diverse su dove si trovi la verità. Secondo la sensibilità postmoderna sarebbe proprio questa arroganza a spiegare, almeno in parte, molte delle ingiustizie e delle guerre dellepoca moderna. Tuttavia, la risposta del postmodernismo è pericolosa in un altro modo: i suoi esponenti più forti insistono che le pretese di poter conoscere una verità oggettiva siano sostituite da un pluralismo più umile e tollerante’ e più inclusivo e diversificato, un pluralismo in realtà spesso impantanato che non lascia alcun fondamento solido per «la fede che è stata trasmessa ai santi una volta per sempre». Questa posizione non lascia spazio alcuno ad una verità che corrisponde alla realtàma solo ad una serie di verità formatesi soggettivamente. Come dovremmo rispondere a questa crisi culturalriguardo alla verità?

  1. Affermiamo che la verità corrisponde alla realtà. Crediamo che lo Spirito Santo, il quale ha ispirato le parole degli apostoli e dei profeti, dimora anche in noi, che siamo stati creati ad immagine di Dio, affinché possiamo ricevere e capire le parole della Scrittura rivelate da Dio, e comprendere che le verità della Scrittura corrispondono alla realtà. Le affermazioni della Scrittura sono vere, proprio perché sono dichiarazioni di Dio; ed esse corrispondono alla realtà anche se la nostra conoscenza di quelle verità (e persino la nostra capacità di verificarle per gli altri) è sempre necessariamente incompleta. L’illuminismo, con la sua fede in una conoscenza pienamente oggettiva, rese la ragione umana autonoma un idolo. Tuttavia, negare la possibilità di una pura conoscenza oggettiva non comporta la perdita di una verità che corrisponde alla realtà oggettiva, persino se non ci è mai possibile conoscere questa verità a prescindere da un elemento di soggettività. Si veda Confessione di fede-(2).
  2. Affermiamo che la verità è comunicata dalla Scrittura. Crediamo che la Scrittura è diffusamente proposizionale e che tutte le sue affermazioni sono del tutto veritiere e autorevoli. Tuttavia, la verità della Scrittura non può esaurirsi in una serie di proposizioni. La verità della Scrittura esiste nei generi letterari della narrativa, della metafora e della poesia, i quali non si possono distillare in modo esauriente in proposizioni dottrinali; eppure essi ci comunicano il pensiero e la volontà di Dio così da trasformarci a sua immagine.
  3. Affermiamo che la verità è corrispondenza di vita rispetto a Dio. La verità non è solo una cor– rispondenza teoretica, ma anche un rapporto pattizio. La rivelazione biblica non deve essere solo conosciuta, ma anche vissuta (Deut. 29:29). Lo scopo della Bibbia è quello di produrre in noi la sapienza, ossia insegnarci a vivere completamente sottomessi alla realtà di Dio. La verità è quindi corrispondenza tra la nostra vita (nella sua interezza), da una parte, e il cuore, le parole e le azioni di Dio, tramite la mediazione della Parola e dello Spirito, dall’altra. Eliminare il carattere proposizionale della verità biblica indebolisce seriamente la nostra capacità di tenere, difendere e spiegare il vangelo. Tuttavia, parlare della verità soltanto in termini di proposizioni indebolisce il nostro apprezzamento del Figlio incarnato quale Via, Verità e Vita, ma anche il genio comunicativo della narrativa e della storia, e l’importanza della verità come una vita vissuta veramente in corrispondenza rispetto a Dio.
  4. I modi in cui questa concezione della verità ci modella.

a. In merito alla questione della verità, adottiamo una “disciplinata” teoria della corrispon– denza, una teoria che è meno trionfalistica di quella di alcuni evangelici del passato. Ma rigettiamo anche una concezione della verità che la consideri meramente un linguag

gio internamente coerente di una particolare comunità di fede. Per cui sosteniamo, con quella che speriamo sia un’appropriata umiltà, il principio del Sola Scriptura.

b.   Sebbene la verità sia proposizionale, non è solo qualcosa in cui si deve credere, ma an– che qualcosa che si deve ricevere con adorazione e praticare con sapienza. Questo equi– librio plasma la nostra comprensione del discepolato e della predicazione. Desideriamo incoraggiare la passione per la sana dottrina, ma sappiamo che la crescita spirituale non

è solo ricevere informazioni a livello cognitivo. La crescita spirituale avviene quando tutta la nostra vita è formata in comunità dalle pratiche cristiane, tra cui la preghiera, il battesimo, la cena del Signore, la comunione fraterna, e il ministero pubblico della Parola.

c.  La nostra conoscenza teorica della verità di Dio è soltanto parziale, persino quando è accurata; nondimeno possiamo avere la certezza che quello che ci dice la Parola è vero (Lc. 1:4). È tramite la potenza dello Spirito Santo che riceviamo le parole del vangelo con piena certezza e convinzione (1 Tess. 1:5).

II. Come dovremmo leggere la Bibbia? (La questione ermeneutica)

1.   Leggere la Bibbia “in lungo”. Leggere l’intera la Bibbia “in lungo” significa identificare sia la sua trama basilare come la storia divina della redenzione (p.e., Lc. 24:44), sia i suoi vari temi (p.e., il patto, la sovranità, il tempio) che attraversano tutte le tappe della storia e tutte le parti del canone, tutto quanto culminando in Gesù Cristo. Secondo questa prospettiva, il vangelo si presenta come creazione, caduta, redenzione, restaurazione, mettendo in evidenza il fine della salvezza, ossia una

creazione rinnovata. Come confessiamo in Confessione di fede-(1): [Dio porta] provvidenzialmente a compimento i suoi buoni propositi eterni per redimere un popolo per se stesso e per restaurare la sua creazione decaduta, a lode della sua gloriosa grazia.

2.   Leggere la Bibbia “in largo”. Leggere la Bibbia “in largo” significa raccogliere in categorie di pen- siero (p.e., teologia, cristologia, escatologia) dichiarazioni, comandi, promesse, e affermazioni di verità, per arrivare ad una comprensione coerente di cosa la Bibbia insegni sommariamente. Secon– do questa prospettiva, il vangelo si presenta come Dio, peccato, Cristo e fede, mettendo in evidenza il metodo della salvezza, ossia l’opera sostitutiva di Cristo e la nostra responsabilità di abbracciarla per fede. Come confessiamo in Confessione di fede-(7): Gesù Cristo divenne nostro rappresentate e sostituto, affinché in lui noi diventassimo giustizia di Dio.

3.  Il modo in cui questa lettura della Bibbia ci modella.

a.  Molti (ma non tutti) di coloro che oggi sono specializzati nel primo dei due modi di leggere la Bibbia, ossia “in lungo”, si soffermano sugli aspetti più collettivi del peccato e della salvezza. La croce è vista principalmente come un esempio di servizio e di sacrificio e della sconfitta dei poteri di questo mondo, piuttosto che sostituzione e propiziazione per i nostri peccati. Para– dossalmente, questo approccio può essere molto legalistico. Anziché chiamare le persone alla conversione individuale per mezzo di un messaggio della grazia, le chiama ad unirsi alla co– munità cristiana e al programma regale relativo a ciò che Dio sta facendo per liberare il mondo. L’accento è posto sul cristianesimo come un modo di vivere, a detrimento dello status del cre

dente come redento per il sangue di Cristo, mediante la fede individuale in lui. Questo squilibrio lascia poco spazio all’evangelizzazione e all’apologetica vigorose, alla predicazione espositiva

e ai segni e all’importanza della conversione/nuova nascita.

b.   D’altra parte, nel passato gli evangelici (sebbene non tutti) tendevano a leggere la Bibbia “in largo”. Il risultato era un individualismo accentrato quasi esclusivamente sulla conversione personale e la certezza di arrivare in cielo. Inoltre la relativa predicazione, sebbene espositiva, a volte era moralistica e non sottolineava il modo in cui tutti i temi biblici culminano in Cristo e nella sua opera. Questo squilibrio porta ad attribuire poca o addirittura nessuna importanza all’opera di giustizia e di misericordia a favore dei poveri e degli oppressi, e alla produzione culturale che glorifichi Dio nelle arti, negli affari, ecc.

c.  Crediamo che il miglior modo di praticare queste due letture della Bibbia mostri come esse siano completamente compatibili, anche se oggi molti le contrappongono l’una all’altra. Al contrario, crediamo che queste due modalità di lettura, quando eseguite bene, siano entrambe indispensabili per afferrare il significato del vangelo biblico. Il vangelo è la dichiarazione che per mezzo della morte e della risurrezione di Gesù Cristo, Dio è venuto per riconciliare gli indi– vidui per mezzo della sua grazia e per rinnovare l’intero mondo attraverso, e per la sua gloria.

III. Come dovremmo rapportarci con la cultura? (La questione della contestualizzazione)

1.   Essendo una contro-cultura. Vogliamo essere una chiesa non solo che cura i singoli credenti

nel loro personale cammino con Dio, ma anche che li forma per costituire quella società umana alternativa che Dio crea per mezzo della Parola e dello Spirito. (Cfr. sotto il punto 5c).

2.   Per il bene comune. Non basta che la chiesa si opponga ai valori della cultura dominante. Dob– biamo essere una contro-cultura per il bene comune. Vogliamo distinguerci radicalmente dalla cultura che ci sta intorno, eppure proprio in virtù di quell’identità distintiva dovremmo sacrifi– carci, servendo il nostro prossimo e perfino i nostri nemici, operando per il bene delle persone, sia il loro bene temporale sia quello eterno. Perciò, non vediamo nell’adorazione comunitaria il nostro principale punto di collegamento con quelli di fuori. Piuttosto, ci aspettiamo di incontrare il nostro prossimo mentre ci diamo da fare per la sua pace, sicurezza e benessere, amandolo in parole e opere. Se così faremo, saremo «sale» e «luce» nel mondo (sostenendo e migliorando

le condizioni di vita, mostrando al mondo la gloria di Dio con i nostri stili di vita; Mt. 5:13-16). Come gli ebrei esiliati erano chiamati ad amare e ad impegnarsi per la “shalom” di Babilonia (Ger. 29:7), anche i cristiani sono il popolo di Dio «in esilio» (1 Pt. 1:1; Giac. 1:1). I cittadini della città di Dio dovrebbero essere i migliori cittadini possibili delle loro città terrene (Ger.

29:4-7). Non vogliamo essere né eccessivamente ottimisti né eccessivamente pessimisti riguardo alla nostra influenza culturale perché sappiamo che, se camminiamo seguendo le orme di Colui che ha deposto la sua vita per amore dei suoi oppositori, saremo perseguitati anche quando rius– ciremo ad avere un impatto sociale (1 Pt. 2:12).

3.  Il modo in cui questo rapporto con la cultura ci modella.

a.  Crediamo che ogni espressione del cristianesimo debba essere necessariamente e corret– tamente contestualizzata, almeno in una certa misura, rispetto ad una specifica cultura umana; non esiste qualcosa come un’espressione universale ed astorica del cristiane– simo. Tuttavia, non vogliamo mai essere così influenzati dalla nostra cultura che com– promettiamo le verità del Vangelo. In che modo quindi possiamo mantenere un giusto equilibrio?

b.   La risposta è che non possiamo “contestualizzare” il vangelo astrattamente, come se fosse un mero esperimento del pensiero. Se una chiesa cerca di essere contro-cultura

in vista del bene temporale ed eterno delle persone, farà attenzione sia al legalismo che può accompagnare un inopportuno isolamento culturale sia al compromesso prodotto da un eccessivo adattamento alla cultura. Se ci disponiamo al servizio piuttosto che al po– tere, potremmo avere un impatto culturale significativo. Se, invece, aspiriamo ad avere potere diretto e controllo sociale, saremo paradossalmente assimilati dalle medesime idolatrie della ricchezza, dello status e del potere che vorremmo cambiare.

c.  Il vangelo stesso contiene la chiave per un’appropriata contestualizzazione. Se cer– chiamo di contestualizzare oltre i giusti limiti, dimostriamo che stiamo cercando troppo

l’approvazione della cultura in cui avviene la nostra contestualizzazione; il che rivela una mancanza di fiducia nel vangelo. Se non contestualizziamo abbastanza, dimostriamo di es– sere troppo attaccati alle consuetudini della nostra subcultura; il che rivela una mancanza di umiltà evangelica [cioè con riferimento al vangelo] e di amore per il prossimo.

IV. In quali sensi è unico il vangelo?

Il vangelo dona ai cristiani umiltà e speranza, mansuetudine e coraggio, in un modo che è unico. Il vangelo bibli

co si distingue nettamente sia dalle religioni tradizionali sia dal secolarismo. Le religioni si basano sul principio:

«Obbedisco, quindi sono accettato», ma il vangelo afferma: «Sono accettato tramite Cristo, quindi obbedisco». Dunque il vangelo si differenzia sia dallirreligiosità sia dalla religiosità. Difatti si può cercare di essere il proprio signore e salvatoretrasgredendo la legge di Dio, ma si può fare lo stesso anche osservando la legge allo scopo di guadagnarsi la salvezza.

Lirreligiosità e il secolarismo tendono a gonfiare unautostimalusinghiera e acritica; la religiosità e il moralismo abbattono le persone con un senso di colpa causato da una condotta che è impossibile mantenere. Il vangelo, invece, ci umilia e ci valorizza al tempo stesso, in quanto, in Cristo, ognuno di noi è simultaneamente giusto ed ancora peccatore. Allo stesso tempo, noi siamo più imperfetti e peccaminosi di quanto osavamo credere, ma an- che più amati e accettati di quanto osavamo sperare.

Il secolarismo tende a rendere le persone egoiste e individualiste. La religiosità e il moralismo tendono, in generale, a rendere le persone giuste ai propri occhi e tribali verso gli altri gruppi (questo perché pensano che la salvezza sia stata ottenuta per mezzo dei propri sforzi). Però il vangelo della grazia, centrato com’è su un uomo che muore per noi mentre eravamo ancora suoi nemici, rimuove legoismo e il moralismo inducendo le persone a servire gli altri sia per il bene temporale di tutti, in particolare i poveri, sia per la loro salvezza. Ci motiva a servire gli altri indipendentemente da quanto meritano, proprio come Cristo ha servito noi (Mc. 10:45).

Il secolarismo e la religiosità conformano le persone a norme di comportamento attraverso la paura (di conseguenze) e lorgoglio (un desiderio di autoesaltazione). Il vangelo, invece, motiva le persone alla santità e al servizio in un altro modo: le motiva sia dalla riconoscente gioia per la grazia ricevuta sia dallamore per la gloria di Dio per ciò che egli è in se stesso.

V. Come è un ministero centrato sul vangelo?

È caratterizzato da:

1.   Trasformazione nell’adorazione comunitaria.

Il vangelo cambia il nostro rapporto con Dio: passiamo dall’ostilità o dal servilismo all’intimità e alla gioia. Perciò il cuore pulsante di un ministero centrato sul vangelo è l’adorazione e la preghiera intensa. Nell’adorazione comunitaria il popolo di Dio riceve una visone della dignità e della bellezza di Dio che trasforma le vite dei credenti, i quali rispondono offrendo a Dio le espressioni di lode di cui egli è degno. Al centro dell’adorazione comunitaria sta il ministero della Parola. La predicazione dovrebbe essere espositiva (spiegando il testo della Scrittura) e cristocentrica (facendo vedere come tutti i temi biblici trovano il loro punto culminante in Cristo e nella sua opera di salvezza). Il fine

ultimo della predicazione non è semplicemente di insegnare, ma di guidare coloro che ascoltano ad un’adorazione, sia individuale che comunitaria, che li fortifica interiormente per fare la volontà di Dio.

2.   Efficacia evangelistica.

Siccome il vangelo (a differenza del moralismo religioso) genera persone che non rigettano coloro che sono in disaccordo con loro, una chiesa veramente centrata sul vangelo dovrebbe essere formata da membri che si rivolgono con sensibilità alle speranze e alle aspirazioni delle persone, indiriz– zandole a Cristo e alla sua opera salvifica. Si tratta di una visione di una chiesa che cerca la conver– sione dei ricchi e dei poveri, dei colti e dei meno colti, di uomini e di donne, di anziani e di giovani, di sposati e di single, e di persone di tutte le razze. La speranza è quella di raggiungere sia chi è fortemente secolarizzato e ha abbracciato il postmodernismo sia coloro che sono più tradizionalisti

e religiosi. In virtù del carattere attraente della sua comunità e dell’umiltà dei suoi membri, una chiesa centrata sul vangelo dovrebbe avere nel suo mezzo persone che sono in ricerca e che stanno cercando di comprendere il cristianesimo. Una chiesa centrata sul vangelo dovrebbe accogliere tali persone in centinaia di modi. Accoglierle significa non tanto farle “sentire a proprio agio”, quanto impegnarsi davvero per rendere comprensibile il messaggio del vangelo. Oltre a ciò, chiese cen– trate sul vangelo saranno inclini a fondare altre chiese, perché questo è uno dei mezzi più efficaci dell’evangelizzazione.

3.   Una comunità contro-culturale.

Siccome il vangelo rimuove sia la paura che l’orgoglio, all’interno della chiesa persone dovrebbero andare d’accordo che non potrebbero mai andare d’accordo al di fuori di essa. Siccome ci pone dinanzi un uomo che è morto per i suoi nemici, il vangelo crea rapporti di servizio piuttosto che di egoismo. Siccome il vangelo ci chiama alla santità, il popolo di Dio vive con amore legami di re– sponsabilità e di disciplina reciproche. Per questo il vangelo crea una comunità umana, radicalmente diversa da qualsiasi società che gli sta intorno.

Per quanto riguarda il sesso, la chiesa dovrebbe evitare sia l’idoleggiamento del sesso proprio della

società secolare sia la paura del sesso propria della società tradizionale. Noi proponiamo invece una comunità che così ama e così si prende cura in modo pratico dei suoi membri che la castità ha senso. Una tale chiesa insegna ai suoi membri a conformare la propria corporalità alla forma del vangelo: l’astinenza al di fuori di un matrimonio eterosessuale e la fedeltà e la gioia al suo interno.

Per quanto riguarda la famiglia, la chiesa dovrebbe affermare la bontà del matrimonio tra un uomo e una donna, chiamandoli a servire Dio riflettendo il suo amore pattizio in una relazione “finché morti non li separi” caratterizzata dalla lealtà, e insegnando ai loro figli le vie del Signore. Tuttavia, la chiesa afferma altresì la bontà di servire Cristo come persone single, sia per un tempo sia per tutta la vita. La chiesa dovrebbe sapersi prendere cura delle persone che soffrono a causa del degrado della nostra sessualità umana, essendo una comunità e famiglia compassionevole.

Per quanto riguarda il denaro, i membri di chiesa dovrebbero essere radicali nel condividere i propri beni gli uni con gli altri, affinché non ci sia «tra di loro nessun bisognoso» (Atti 4:34). Tale condi- visione promuove anche una generosità radicale nell’impiego di tempo, soldi, relazioni personali,

e spazio per favorire la giustizia sociale e per andare incontro ai bisogni dei poveri, degli oppressi,

degli immigrati e di coloro che sono deboli sia economicamente che fisicamente.

Per quanto riguarda il potere, la chiesa è visibilmente impegnata nella condivisione del potere e nell’istaurazione di relazioni interpersonali tra razze, classi e generazioni che al di fuori del corpo di Cristo sono alienate. L’evidenza pratica di questo è che sempre di più le nostre chiese locali accolgo– no e abbracciano persone da tutte le razze e di tutte le culture. Ciascuna chiesa dovrebbe cercare di riflettere la diversità presente nella propria area geografica, sia nella composizione della congregazi– one sia nella sua conduzione.

4.   Integrazione di fede e opere.

La buona novella della Bibbia non riguarda solo il perdono individuale ma anche il rinnovamento di tutta la creazione. Dio pose l’umanità nel giardino per coltivare il mondo materiale per la gloria di Dio, e per il fiorire della natura e della comunità degli uomini. Lo Spirito di Dio non solo converte individui (p.e., Gv. 16:8), ma rinnova e coltiva la faccia della terra (p.e., Gen. 1:2; Sal. 104:30). Per questo motivo i cristiani glorificano Dio non solo tramite il ministero della Parola, ma anche at– traverso le loro vocazioni di agricoltura, arte, affari, politica, studi: tutto fatto per la gloria di Dio e per l’incremento del bene comune. Sono troppi i cristiani che hanno imparato a isolare la propria fede dal modo in cui lavorano nella propria vocazione. Spesso il vangelo è visto come una via per trovare pace a livello individuale e non come il fondamento di una visione del mondo, ossia come un’interpretazione completa della realtà che informa tutto quello che facciamo. Nondimeno, noi abbiamo una visione per una chiesa che istruisce le persone a pensare alle implicazioni del vangelo per come svolgiamo lavori di muratura, di idraulica, d’informatica, l’impegno come infermieri,

come essere cristiani nelle arti, negli affari, in politica, nel giornalismo, in attività di intratteni– mento, e nell’impegno scientifico e accademico. Una tale chiesa non solo sosterrà l’impegno dei cristiani nella cultura, ma li aiuterà anche a svolgere i loro lavori in modo professionale, ricercando l’eccellenza ed essendo responsabili verso gli altri nei loro mestieri e nelle loro professioni. Quando, basandoci sulla nostra comprensione del vangelo, realizziamo ambienti di lavoro compassionevoli ma al contempo creativi e di alta qualità, facciamo un contributo nella potenza dello Spirito alla guarigione della creazione di Dio. Fa pure parte di quest’opera far vedere la gioia, la speranza e la verità cristiane nelle rappresentazioni artistiche. Facciamo tutto questo perché il vangelo di Dio ci conduce ad agire così, anche se riconosciamo che la restaurazione ultima di tutte le cose aspetta il ritorno personale e corporale del nostro Signore Gesù Cristo (Confessione di fede-[13]).

5.   Praticare giustizia e misericordia.

Dio ha creato sia l’anima sia il corpo, e la resurrezione di Gesù mostra che redimerà sia ciò che è

spirituale sia ciò che è materiale. Perciò a Dio non solo interessa la salvezza delle anime ma anche

il soccorso nei riguardi della povertà, la fame e l’ingiustizia. Il vangelo ci apre gli occhi al fatto che in ultima analisi tutta la nostra ricchezza (anche quella per la quale abbiamo lavorato sodo) è un dono immeritato da Dio. Pertanto la persona che non dà generosamente agli altri la sua ricchezza, non solo manca nel mostrare compassione, ma è anche ingiusta. Cristo ottiene la nostra salvezza perdendo, riceve potere abbassandosi e facendosi servo, e diventa ricco donando tutto quello che ha. Coloro che ricevono la sua salvezza non sono i forti e capaci, bensì quelli che ammettono di essere deboli e perduti. Non possiamo guardare al povero e all’oppresso e spietatamente dire loro di tirarsi

fuori dai guai attingendo alle proprie risorse. Gesù non ci ha trattati in questo modo. Al posto della superiorità nei riguardi del povero il vangelo suscita in noi misericordia e compassione. Le chiese cristiane devono operare a favore della giustizia e della pace nelle loro comunità tramite il servizio, al contempo chiamando gli individui alla conversione e alla nuova nascita. Dobbiamo operare per

il bene eterno e comune e far vedere a quelli intorno a noi che li amiamo in modo concreto, che essi credano o no come noi. L’indifferenza verso coloro che sono poveri e svantaggiati indica che non

abbiamo in realtà capito che la nostra salvezza è per la sola grazia.

Conclusione

Il tipo di ministero che abbiamo delineato non è tanto comune. Ci sono molte chiese del tipo pragmaticamente “ultrasensibili-agliospitiche aiutano molte persone a trovare Cristo. Ci sono molte chiese che cercano di essere culturalmente coinvolte tramite un impegno politico. Cè un movimento carismatico in rapida crescita che pone laccento sulla gloriosa e appassionata adorazione comunitaria. Ci sono molte congregazioni molto attente al rigore dottrinale e alla purezza, che simpegnano molto per separarsi dal mondo. Ci sono molte chiese con un impegno radicale nei riguardi dei poveri e degli emarginati.

Tuttavia, non vediamo abbastanza chiese locali che incarnino il pieno ed integrale equilibrio evangelico che abbiamo delineato qui. E sebbene per grazia di Dio ci sia un confortante numero di segnali positivi nella chiesa, non vediamo ancora un ampio movimento di questo tipo di ministero centrato sul vangelo. Crediamo che un

tale equilibrio produrchiese che si qualificheranno per una predicazione teologicamente sostanziosa e avvin– cente, per unevangelizzazione e unapologetica dinamiche, e per una crescita che porteanche alla fondazione di nuove chiese. Le chiese che abbiamo in mente promuoveranno il ravvedimento, il rinnovamento personale, e la santità di vita. Allo stesso tempo, e nelle stesse congregazioni, ci saun impegno nelle strutture sociali delle

persone medie, e un impegno culturale nellarte, negli affari, nella ricerca accademico-scientifica e nella politica. Ci saranno appelli per una comunità cristiana radicale in cui tutti i membri condividono ricchezze e risorse e creano uno spazio per i poveri e gli emarginati. Queste priorità saranno concatenate insieme e si fortificheranno a vicenda in ciascuna chiesa locale.

Cosa può far crescere un movimento di chiese centrate sul Vangelo? La risposta ultima è che Dio, per la sua gloria, deve mandare un risveglio in risposta alle preghiere ferventi, straordinarie e persistenti del suo popolo. Non- dimeno, crediamo anche che ci siano dei passi penultimi da intraprendere. Cè una grande speranza se possiamo unirci sulla natura della verità, su come meglio leggere la Bibbia, sul nostro rapporto con la cultura, sui contenuti del vangelo, e sulla natura di un ministero centrato sul vangelo. Crediamo che impegnarci in tal senso ci spingedi nuovo verso le Scritture, verso il Cristo delle Scritture, verso il vangelo di Cristo, e cominceremo a crescere nella nostra capacità, per la grazia di Dio, come chiese, di agire «secondo la verità del Vangelo» (Gal. 2:14). Ci vergogniamo dei nostri peccati e delle nostre mancanze, ma siamo anche oltremodo riconoscenti per il perdono ricevuto, e desiderosi di vedere di nuovo la gloria di Dio ed incarnare sempre di più conformità al suo Figlio.

Adopted May 22, 2007.  Revised April 12, 2011.

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